Il racconto di Maria Falcone a Villar Dora: “La mafia non è sconfitta e va combattuta in ogni luogo”

VILLAR DORA – La professoressa Maria Falcone è una donna molto elegante, è entrata nel salone del paese, vestita di nero con un elegante scialle ricamato poggiato sulla spalla.  Un taglio di capelli curato, semplici ma elegantissimi gioielli a fare da cornice ad una donna che già dalla postura ricorda la nobiltà siciliana. A vederla vien subito da pensare una cattedrale barocca, maestosa, misteriosa e allo stesso tempo popolare. La signora ha un lessico forbito, dalle prima battute si capisce che il dialogo con la gente è il suo linguaggio. Maria Falcone è riuscita, intrecciando più argomenti senza perderne mai il filo, ha incantare con sogni, struggere con realtà, riportare la memoria e dare un senso al futuro.

L’avvocato Mauro Carena, primo cittadino del paese, ha presentato l’ospite davanti un pubblico composto sia da ragazzi che da adulti. Cittadini di Villar Dora  e tanti venuti da via, tutti con la stessa curiosità di conoscere un “personaggio” ma anche di ripercorrere un pezzo di storia nazionale. Per i giovani è stata una lezione di storia, son passati 30 anni dal maxiprocesso, nomi come Buscetta, Latorre, Borsellino e Falcone li hanno solo sentiti nominare. Per i più grandi è stato come riavvolgere il film della vita e ripensare a quei giorni, ripercorrere a ritroso il tempo e ritrovarsi con la realtà di quei momenti sbattuta in faccia.

Maria Falcone ha spiegato perchè è più di vent’anni che incontra i ragazzi nelle scuole, perchè partecipa ad incontri, conferenze e organizza manifestazioni sulla legalità. “Alla morte di mio fratello e di Paolo Borsellino – ha detto al Falcone – in tutti noi è nato un sentimento di sconforto. Abbiamo tutti pensato che con quegli assassini fosse davvero finito tutto. Sono rimasta interdetta e impotente di fronte alla fine di un uomo, che pur sapendo che quella sarebbe stata la sua fine, continuò la sua opera di magistrato. Così ho realizzato che il mio compito era, ed è, quello che quanto fatto non vada dimenticato”.

Maria Falcone ha spiegato che in quegli anni la mafia non solo era combattuta ma ne si negava l’esistenza. “Mio fratello comprese che la mafia era più degli atti criminali slegati tra di loro – ha ricordato la Falcone- ma un sistema che va combattuto nel suo insieme”. Fu così che venne istruito il processo più grande che sia mai stato organizzato nel mondo, che poi ebbe l’appellativo di maxi. “Fu costruita l’aula bunker in soli sei mesi a Palermo, perchè mio fratello voleva che il processo fosse celebrato li e non a Roma, doveva essere un segnale. Furono processati in 474 che furono condannati a più di 2000 anni di reclusione” ha raccontato la Falcone davanti un pubblico emozionato e silente “in quei giorni si accreditarono 500 giornalisti da tutto il mondo. Questi dati danno le dimensioni dell’avvenimento giudiziario che fu per certi versi l’inizio ma anche la fine di mio fratello”.

E’ stato poi proiettato un filmato, curato dalla Rai, che in un intercalare di immagini degli anni Ottanta, degli attentati, delle interviste a Falcone si è chiuso con i ragazzi di oggi che partecipano alle iniziative sulle legalità. Un dibattito ha concluso la serata, tra domande più di attualità che di storia, un momento per sentire dalla viva voce di una protagonista cos’era la mafia ieri e cos’è oggi. La professoressa ha lasciato un monito su cui riflettere, il motivo che la spinge ad incontrare e raccontare, una frase che suo fratello rilasciò durante un intervista: “Gli uomini passano le idee restano. Restano le loro tensioni morali che continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”.

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