Per la Festa del Piemonte un glorioso ricordo dalla battaglia dell’Assietta

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COLLE ASSIETTA – Per la Festa del Piemonte un glorioso ricordo dalla battaglia dell’Assietta.

19 LUGLIO 1747: IL GLORIOSO RICORDO DELLA BATTAGLIA DELL’ASSIETTA

Anche l’Assietta è un Sacrario, come le mille e troppe trincee della terra, in cui con il sangue si è difesa una libertà o protetta una Patria Così scriveva Waldemaro Mori, in collaborazione con Giancarlo Sibille, sul periodico Il Granatiere, trimestre luglio-settembre 2017. Non è una gran bella montagna. Troppe vette grandiose abbiamo potuto ammirare in affascinanti servizi giornalistici o televisivi per restare incantati o sbalorditi, guardando l’Assietta, da pianori brulli, in cui magre zolle offrono al più qualche cespuglio o alcuni esemplari di flora alpina. Del resto non per nulla è stata chiamata così. Con tale nome i Francesi intendono “piatto da tavola”: non ci piace, ma non possiamo farci nulla. Noi, però, forti di una realtà storica, preferiamo lasciarci investire dal ricordo di ciò che ha reso addirittura sacro quel nome, quel monte. Dobbiamo infatti ritenere sacri i luoghi del sacrificio (non è un bisticcio lessicale). Essenza del dono è il sacrificio, l’immolazione di ciò che distingue l’uomo anche come emblema, e cioè il suo sangue.

IL SACRIFICIO DEI SOLDATI IN VETTA

Che tanti sacrifici non debbano necessariamente essere cruenti per meritarne definizione rispettosa noi lo sappiamo. Ma quando il dono è la vita stessa, quando è il pulsare del cuore a impregnare le zolle della Patria, noi abbassiamo il capo e sappiamo piangere. Per ciò la parola “Calvario” non è tanto per noi una etimologia del “luogo del cranio”, quanto il nome solenne di un luogo che ancora oggi irrora l’umanità, di un sacrificio offerto addirittura da Dio a Dio. Anche l’Assietta è dunque un tempio, come le mille e troppe trincee della terra, in cui con il sangue si è difesa una libertà o protetta una Patria. Potremmo, raccontando una fulgida pagina di storia dell’Assietta, ravvivare la nostra memoria e sconfiggere la nostra distrazione. Potremmo dire dell’impossibile compito che si prefissero i Granatieri nel 1747 nell’opporsi al nemico tre volte superiore di numero: sbarrare il passo ai Francesi e chiudere addirittura, con il proprio valore, l’assurda partita della lunga guerra di Successione austriaca. E se non fiutassimo nell’aria l’ironico appunto di qualcuno che parla di fantasiosità, potremmo rammentare più dettagliatamente che, a corto di munizioni, questi impavidi combatterono anche con i sassi: lo fecero con tale accanimento da costringere i nemici a ritirarsi in disordine.

SCONFITTO IL PODEROSO ESERCITO FRANCESE

Così un poderoso esercito francese subì una tremenda, sanguinosa sconfitta da parte di un piccolo corpo di eroiche truppe. Era il 19 luglio 1747. I Granatieri del battaglione Guardie presiedevano la sommità del Colle, comandati dal prode Tenente Colonnello Conte Paolo Navarina di San Sebastiano, Aiutante di campo del Conte di Bricherasio. All’ordine scritto, e per tre volte ripetuto, del Comandante in capo delle forze piemontesi di ripiegare su posizioni più arretrate, il Tenente Colonnello di San Sebastiano fieramente rispose per sé e per i suoi Granatieri: “In faccia al nemico non possiamo voltare le spalle”. E resistette fino alla completa vittoria, la quale gli valse anche (vedi mai quanto riconoscimento!) il perdono della sua disubbidienza. Non sappiamo se i giovani di oggi conoscano anche l’opera del Conte di San Sebastiano.

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IL RICORDO

Ora, se leggeranno, dovranno meglio onorarlo, perché il sacrificio merita il ricordo, merita l’eternità. E la ragione è semplice: ciò che è sacro è dello spirito, e lo spirito non muore. Sacrificare significa rendere sacro. Il sacro sa di Dio, dunque di immortalità. A coloro poi che si sentono disturbati quando si parla di soldati, vorremmo solo ricordare che possono comodamente appisolarsi, sprofondati nelle loro poltrone, proprio perché tanti soldati si sacrificarono anche per loro. Il 19 luglio 1747 infatti i Granatieri salvarono il Piemonte. Ricorrano ai volumi di storia quanti sorridono di questa annotazione. Parlando della battaglia dell’Assietta abbiamo ricordato il più antico ordine militare di Stato: non più, dunque, proprietà dei singoli Colonnelli, come allora era in uso e come ancora sarebbe stato per molto tempo.

L’EROICA SPECIALITÀ

La Specialità, ancora oggi, si fregia con orgoglio dei tradizionali bianchi alamari, a somiglianza del segno caratteristico dell’abbottonatura delle truppe spagnole, conferiti ai Granatieri Guardie da Carlo Emanuele III Re di Sardegna, a memoria delle epiche gesta della difesa dell’Assietta. Ai Granatieri pensino dunque quanti si radunano sul Colle per significare più marcatamente una giornata che vuole anche essere festa del Piemonte. Accorrendovi, camminino come al Sant’ Elia, come a Redipuglia, come lungo le doline del Carso o nei mille luoghi che vanno venerati perché benedetti dal sangue di Italiani. Non sorridano poi bonariamente compassionevoli quando osservano le sfilate commemorative di date che segnarono il cammino della Patria. Guardino piuttosto ammirati quei labari, quelle bandiere colonnelle fieramente levate verso il cielo da uomini d’arme ormai canuti, i quali pur faticano a tenere il passo della fanfara.

PER IL PIEMONTE

E si domandino quanto sangue sia stato versato per i riconoscimenti appuntati sui vari medaglieri. Si interroghino su quanto sia costata la libertà che oggi, paradossalmente, permette loro di cancellare la memoria del passato sacrificio e di ignorare le reliquie. La Patria è sempre costata sangue. Ce lo ricordano nel giorno dell’Assietta, i Granatieri di Sardegna, fregiati di un passato che ci ha guadagnato il presente. Anche per merito loro il Piemonte è ancora Piemonte.

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