La stazione di Susa e la linea ferroviaria dell’Ottocento

Stazione susa

SUSA – La stazione di Susa e la linea ferroviaria dell’Ottocento.

LA LINEA FERROVIARIA DI SUSA

Nel periodo in cui in tutta Europa andava affermandosi il trasporto su rotaia, siamo a metà dell’Ottocento, l’allora governo piemontese del Regno di Sardegna iniziò a costruire una linea ferroviaria attraverso la Valsusa. La prospettiva era della realizzazione di un traforo attraverso le Alpi a Bardonecchia. All’epoca infatti la Savoia era parte del Regno di Sardegna e quindi questa realizzazione avrebbe molto migliorato le comunicazioni interne che nel periodo invernale spesso si bloccavano. Con la cessione della Savoia alla Francia, dal 1860 la linea assunse carattere internazionale.

LA STAZIONE DI SUSA

La stazione di Susa venne attivata il 25 maggio 1854, come capolinea della ferrovia Torino-Susa. Nel 1868 divenne capolinea della nuova ferrovia del Moncenisio, che valicava il passo omonimo con un ardito tracciato ad aderenza artificiale. La ferrovia chiuse il 19 settembre 1871, due giorni dopo l’apertura del traforo ferroviario del Frejus. Di conseguenza la stazione divenne capolinea della linea da Torino, che si dirama a Bussoleno per il Frejus. Il 2 agosto 1919 venne attivato l’esercizio a trazione elettrica a corrente alternata trifase; la stazione venne convertita alla corrente continua il 28 maggio 1961. Negli anni ’90 del XX secolo la stazione venne convertita in fermata, smantellando tutti gli altri binari e mantenendo il solo binario di corsa, che termina in stazione.

LA TRATTA FINO A BARDONECCHIA

Nello stesso periodo si discuteva organicamente del progetto del traforo, i cui lavori iniziarono il 31 agosto 1857 e terminarono con l’inaugurazione nel settembre 1871. Nel frattempo veniva anche completato il tratto di ferrovia tra Bussoleno e Bardonecchia i cui lavori erano iniziati già nel 1867. La decisione degli ingegneri di far partire la tratta mancante da Bussoleno, per superare un forte dislivello in prossimità di Meana di Susa, fu assai criticata perché escluse la città di Susa dalla linea internazionale. La città da allora fu isolata su un breve troncone laterale. L’apertura del Traforo del Frejus portò anche alla chiusura della ferrovia Fell del Moncenisio. Il primo gestore fu la Società per le ferrovie dell’alta Italia.

LA SOCIETÀ DI GESTIONE

La Società per le Ferrovie dell’Alta Italia (SFAI) era una società privata di gestione di linee ferroviarie, fondata nel 1865. Dopo l’unificazione dell’Italia la situazione ferroviaria era caratterizzata da un procedere contraddittorio dei governi che si succedevano. Senza calcolare le linee venete e dello stato pontificio, l’esercizio della rete ferroviaria era suddiviso fra ben 22 enti. Il governo, alla fine del 1864, si applicò per un riordinamento delle svariate società ed amministrazioni ferroviarie esistenti. Nel 1865 una legge sancì la cessione delle linee piemontesi, in gran parte governative, e l’accorpamento di varie reti, con la formazione di tre società ferroviarie: dell’Alta Italia, delle Romane, delle Meridionali. La rete della “Società dell’Alta Italia” comprese le linee piemontesi già appartenute agli Stati Sabaudi, quelle private prima esercitate dalla Società Vittorio Emanuele e quelle appartenenti alla Società della Lombardia e dell’Italia Centrale, in pratica la rete del nord, complessivamente circa 1.400 chilometri, fino a Firenze.

IL FALLIMENTO PRIVATO E L’ARRIVO DELLO STATO

In seguito ebbe anche la linea del Frejus, la Pontebbana, la ex ferrovia Leopolda, la Pisa-Genova, la Genova-Ventimiglia e la Savona-Acqui ed assunse anche l’esercizio di altre linee mediante trattativa diretta con le società concessionarie. Al termine delle operazioni la SFAI ebbe il controllo del traffico ferroviario proveniente dai passaggi alpini e quello di transito tra l’Europa occidentale e orientale collegando città importanti come Genova, Torino, Milano, Bologna e Firenze. La Società ferroviaria dell’Alta Italia acquistò dallo Stato anche i servizi di navigazione sul Lago Maggiore e nel 1867 del Lago di Garda. La Società che faceva capo alla finanziaria dei banchieri Rothschild, finì in un profondo dissesto economico e lo Stato la riscattò.

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