VILLAR FOCCHIARDO – Gente e storie di Valsusa: incontro nel passato con Ercole Pent.
ERCOLE PENT E UN VIAGGIO NELLA STORIA DI VILLAR FOCCHIARDO
Ci troviamo, anzi per meglio dire ci ritroviamo – io e lāamico Ercole Pent ā in quel luogo un po’ romito al Villar Focchiardo dove da una vita, di tanto in tanto, cāincrociamo per parlare del piĆ¹ e del meno e dove, da sempre, le parole di Ercole sono per me il fosforo della memoria. Questa volta perĆ² sarĆ un po’ diverso. Ć come se avessi chiesto – unāaltra volta – in prestito a Robert Zemeckis unāimmaginaria DeLorean per fare un viaggio favoloso, prima per precipitare verso il passato e poi per compiere un ritorno al futuro attraverso questo presente inquieto, un po’ cupo, dove tutti quanti vorremmo trovare la via del rifugio, un filo di Arianna che sgomitoli lāingarbugliata matassa dellāetĆ contemporanea. Ma tantāĆØ. La dolce voce di Ercole Pent, suadente, un po’ ipnotica, un vero massaggio per lāanimo, ĆØ come se mi prendesse per quella che vorrei fosse ancora ā ma non ĆØ ā pargola mano, mentre DeLorean accelera il motore ad un ritmo folle che tutto cambia nel paradigma di ācorreva lāannoā. Un paradigma che ha del prodigioso come il poter raccogliere tutto il tempo di una vita in un unico punto, la radice, che fu seme e divenne albero della memoria da preservare. āA na pianta ā chiosa Ercole ā se dij taj lāres dij gave la sava e la pianta i more. Non dobbiamo mai dimenticarci del passato perchĆ© esso e lāarma che ci permetterĆ di adeguarci agli eventi del futuro e se dimenticassimo quel che eravamo difficilmente potremo immaginare dove andremo.ā E mentre āprecipitiamoā verso il ācorreva lāannoā ti accorgi che il paesaggio cambia: la dove ora ci sono case prima cāerano prati e quella casa che ora ha le tegole rosse prima aveva le lose.
IL BOSCO E LE VIGNE
La dove il bosco pavoneggia cāerano vigne, ed ancora sāode lāeco di quei canti felici dei viticoltori nostrani al tempo della vendemmia quando lāuva era pronta a trasmutarsi nelle allegre lacrime di Bacco. Ed al tempo delle castagne frotte di disbatour e rapuloire intenti a raccogliere quei preziosi frutti degli alberi del pane che arrivavano persino nella mitica America. E poi gli odori, i sapori, i rumori aou VilĆØ dān vir, i colori tenui od intensi della vita. Ce nāera tanta, anche se era ālentaā āSenti questo vociare un po’ goliardo – mi dice Ercole- suma nus li meinĆ di quellāepoca coi nostri giochi di ieri. Poveri, ma davvero allegri e forsanche belli. Che paura perĆ² quando la tarda sera ci dovevamo avventurare come sfida sui sentieri che di notte portavano al bosco: era come se quella āprova di coraggioā ci rendesse grandi. Volevamo essere subito grandi e poi tāaccorgi che lāessere stato grande ha fatto della tua vita un soffio, che la vecchiaia in fondo ti ha reso spettatore della medesima, che le ore che trovavi lunghe erano in realtĆ giorni che sarebbero stati brevi. Eppure siamo stati fortunatiā¦Intendo dire la mia generazione: usciti dalla guerra con piĆ¹ nulla in mano avevamo dinnanzi a noi un cielo terso in cui spiccare il volo, un cielo in cui non si intravvedevano confini ma solo orizzonti. Siamo stati la generazione che con il grande lavoro e lāottimismo della volontĆ ha creato i presupposti di quello che sarebbe diventato lāiconico italian life style.ā Ma questo e accaduto dopo, lāinteressante ĆØ il prima. Altri giorni, altri colori estratti a caso dalla tavolozza della vita, mentre DeLorean sfreccia per le strade e per le strade del tempo al Villar: āIl 10 giugno 1940, come potrei dimenticarlo! Quei ragazzini che eravamo e che furono catapultati in quella cosa da āgrandiā che era la guerra. Non dimenticherĆ² mai lo sguardo di mio padre perso davanti al divenire che ci attendeva. Io, con mio fratello, Segnu e Nandinu (Arsenio e Ferdinando Versino) andammo verso Chianocco perchĆ© dovevamo portare fin la tre vacche. A San Giorio, in piazza, gli altoparlanti della Marelli diffondevano il discorso del Duce che annunciava la trionfale entrata in guerra dellāItalia: noi eravamo straniti, attoniti, non capivamo bene che cosa significassero quelle parole. La storia di poi avrebbe chiarito il tutto.ā
LA TELEVISIONE E MARIO SOLDATI
E quel giorno unico nella storia del Villar quando un sogno di celluloide parve plasmarsi in paese. “Fu Mario Soldati che scelse il nostro paese per una scena di āPiccolo mondo antico āe la cosa fu una notizia ābombaā per la nostra piccola comunitĆ rurale scossa dal ciclone della guerra: un film al Villar! Ricordo la troupe a casa nostra ed Alida Valli attorniata dalle assistenti che si preparava per le scene che sarebbero ste girate nei castagneti dellāAve Maria :io ed Adriano, il mio fratello gemello, spiavamo tutto e ci sembrava un sogno: una vera diva del cinema a casa nostra era una cosa incredibile, come se CinecittĆ dal Tevere si fosse trasferita al Chiapinetto, li dove cāera la taverna che mio padre Achille e mia madre Filomena Cevrero gestivano alla Comba.ā E poi ancora avanti con DeLorean! Ecco gli anni di Ercole lāimprenditore che ha dato lavoro con la sua piccola azienda alla gente delĀ Villar: ecco Ercole sindaco di questo comune per tre mandati, ecco che la memoria ritrova il Villar che era, con la sua gente, i suoi prevosti, i suoi scorci caratteristici, i suoni della Banda Musicale, le strade colle botteghe. Qui cāera Tilia la maslera, la Dante Ferraris con la sua drogheria, piĆ¹ su ancora la SocietĆ e la mitica cartoleria di Attilio Cartot e Maria Schiari, piĆ¹ in giĆ¹ la bottega di Respizio Rumiano. Strade che erano piene di vita, che riportano alla memoria volti, nomi. Ć incredibile il numero di persone che sāincrociano in una lungo unāesistenza e questo ti fa riflettere un poā sullāhumana conditio: la vita ĆØ un palcoscenico sul quale ognuno di noi per un pĆ² recita una parte piĆ¹ o meno consapevole sino a quando la parte finisce. Dopo, forse, qualcuno conserverĆ la memoria.
L’AMICO, IL GRANDE VECCHIO
Ho chiesto ad Ercole cosa gli manca di piĆ¹ del passato e la risposta mi ha lasciato un po’ di amaro in bocca. āNon la giovinezza che non puoi piĆ¹ recuperare: del passato mi manca il cuore, i cuori. Il cuore dāun gesto piccolo che aveva un valore assolutamente grande come quello di Michele, il nonno di Sandra Casale, che negli anni della guerra dava sempre a noi ragazzini una fetta di polenta. I cuori di tutti noi, che anche se eravamo persone assolutamente diverse, battevano allāunisono creando quel concerto magico che ĆØ il senso della comunitĆ : non eravamo solo un paese, eravamo una comunitĆ , una sensazione bella che oggi mi pare si sia smarrita.ā E conclude. āQuando poi arrivi alla mia etĆ hai una raddoppiata coscienza di quanto ĆØ unica la corsa della vita e anche se sai che dovrai percorrere quel sentiero della notte – e questo ti crea affanno ā forse ti consola il vagheggiare di qualche inimmaginabile ā altroveā che non ti potrĆ² piĆ¹ raccontareā. Adesso infine mentre la DeLorean abbassa i giri e la veloce corsa rallenta sin qui, nellāA.D. 2023, ci salutiamo: ho sempre considerato lāamico Ercole Pent āil grande vecchioā, un nocchiero impavido che ha guidato, col timone ben saldo nelle mani, la nave della sua esistenza nel mare procelloso della vita. Torno sui miei passi lĆ al luogo romito, mentre la mia mente ĆØ tutto un lavorio nellāarchiviare le storie di ieri per la memoria di domani. Date, nomi, aneddoti, visiā¦nulla andrĆ perduto, anche se tutto sembra definitivamente inghiottito dal tempo.
E forse ĆØ proprio lo scorrere ineludibile del tempo che ci crea lāansia del vivere perchĆ© tutto poi ha un epilogo, od ad essere crudi, lāEpilogo, ben rappresentato dallāallegoria del ceffo nero con la falce. Ma alla fine – a pensarci bene ā tutto ciĆ² che ĆØ e che ĆØ stato sarĆ per sempre qui su questo pallido pallino blu danzante intorno al Sole ed eternamente fiondato verso la costellazione dellāErcole. Forse la āveraā morte davvero non esiste ā come mi disse una volta quel grande italiano del Novecento che fu Gustavo Adolfo Rol in una di quelle singolaritĆ che capitano di tanto in tanto nella vita ā ed essa ĆØ solo come un sognoā¦ Māaccorgo che sto correndo, col cuore in gola, verso la mia āallendianaā casa degli spiriti perchĆ© il tonfo sordo degli scarponi sul sentiero in battuto che si perde nella notte sembra il bussare dāuna veloce mano inquieta dietro la porta. Aspettate: arriverĆ²! Vi aprirĆ², non ho timoreā¦ScaricherĆ² la mia memoria che lĆ sarĆ protetta dalla collera del vento, quel sospiro agitato che dal fondo del bosco sussurra e grida mentre la tenebra tutto avvolge in un buio da paura. Ma io non ho paura: so che anche la notte piĆ¹ oscura, la notte piĆ¹ buia, infine, si scioglierĆ nella mattutina aurora. Dopo, sarĆ un giorno nuovo, ed allora con DeLorean.
LāAGENDA, TUTTE LE NOTIZIE! COME?
Visita ilĀ sito internet. Iscriviti alla paginaĀ Facebook, clicca āMi Piaceā e non perderti piĆ¹ nemmeno unaĀ notizia! Segui LāAgenda suĀ Instagram,Ā TwitterĀ eĀ YouTube.