SANT’ANTONINO – A Sant’Antonino la bellezza del Parco Nazionale del Gran Paradiso.
APPUNTAMENTO CON LA MONTAGNA A SANT’ANTONINO
MartedƬ 26 marzo, alle ore 20,45, in sala del Consiglio in via Torino 95 a Sant’Antonino di Susa, ci sarĆ il secondo del “Ciclo di incontri sulla montagna”, organizzato con l’obiettivo di esplorare e approfondire tematiche legate al territorio montano. Protagonista questa volta sarĆ il Parco Nazionale del Gran Paradiso. Si potrĆ conoscere meglio il Parco in tutti i suoi aspetti, con l’aiuto di splendide fotografie, accompagnate dalla presentazione di Toni Farina, giĆ consigliere del Parco e divulgatore ambientale. “Siamo certi che questo incontro rappresenterĆ un’opportunitĆ unica per conoscere meglio ambienti e luoghi vicini ma forse poco conosciuti” spiega il sindaco Susanna Preacco. Il Parco nazionale Gran Paradiso (in francese Parc national du Grand-Paradis) ĆØ il parco nazionale piĆ¹ antico d’Italia, istituito il 3 dicembre del 1922, situato a cavallo delle regioni Valle d’Aosta e Piemonte, attorno al massiccio del Gran Paradiso, gestito dall’Ente Parco Nazionale Gran Paradiso, con sede a Torino. Esteso per una superficie di 71.043,79 ettari, su un terreno prevalentemente montuoso, dal lato francese confina con il Parco nazionale della Vanoise.
LA STORIA
La storia del Parco nazionale Gran Paradiso ĆØ strettamente legata alla salvaguardia del suo animale simbolo: lo stambecco (Capra ibex). Questo ungulato, un tempo largamente diffuso a quote elevate, oltre il limite del bosco, su tutto l’arco alpino ĆØ stato oggetto di caccia indiscriminata per secoli. I motivi per cui lo stambecco era una preda cosƬ ambita dai cacciatori erano i piĆ¹ disparati, tra cui la succulenza della sua carne. Nei primi anni del XIXĀŗ secolo, una donna di Gressoney-Saint-Jean, di cognome Zumstein, scoprƬ che nei valloni che discendono dal massiccio del Gran Paradiso ne sopravviveva una colonia di circa cento esemplari.Ā Il 21 settembre 1821 il re di Sardegna Carlo Felice emanĆ² le Regie patenti con le quali ordinava: Ā«Rimane fin d’ora proibita in qualsivoglia parte de’ regni domini la caccia degli stambecchiĀ». Questo decreto, che salvĆ² lo stambecco dall’estinzione, non fu ispirato da valori di protezionismo ambientale, non contemplati nella mentalitĆ dell’epoca, bensƬ da mere speculazioni venatorie. La raritĆ di questi esemplari ne rendeva la caccia un lusso che il sovrano concedeva solo a se stesso. NelĀ 1850, il giovane reĀ Vittorio Emanuele II, incuriosito dai racconti del fratello Fernando, che durante una visita alleĀ miniere di CogneĀ era stato a caccia, volle percorrere di persona leĀ valli valdostane. PartƬ dallaĀ valle di Champorcher, valicĆ² a cavallo laĀ FenĆŖtre de ChamporcherĀ e raggiunseĀ Cogne; lungo questo tragitto, uccise seiĀ camosciĀ ed unoĀ stambecco. Il re rimase colpito dalla abbondanza diĀ faunaĀ e decise di costituire in quelle valli unaĀ Riserva reale di caccia.
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