MOMPANTERO – Mompantero e la sua montagna: l’intervista al sindaco Davide Gastaldo.
MOMPANTERO E LA SUA MONTAGNA
A Mompantero vivono più o meno 600 persone, è un piccolissimo comune schiacciato tra Susa e la montagna. Non bisogna però confondere i pochi abitanti con le dimensioni territoriale che le competono. Con più di 30 chilometri quadrati è uno tra i più estesi comuni di tutta la Valsusa. Affonda le sue radici nel passaggio verso il confine del Moncenisio tra celti, romani e tutta la storia dei viandanti, principi e re che sono sicuramente passati in paese.
Appartiene geograficamente ad uno spartiacque politico come ultima sponda verso la piana di Torino, motivo per il quale ha visto crescere forti come quello della Brunetta, fortificazioni come quella al Pampalù e ripari durante la Guerra di Liberazione. Lassù il Rocciamelone con la sua religiosità, come gli affreschi delle tante cappelle di montagna. Davide Gastaldo che ama definirsi un “pantren” ne è sindaco e studioso da tempo.
La montagna con le sue tante complessità da gestire con le forze di un piccolo comune è ancora possibile? È indispensabile. Molto semplicemente: la montagna è sopra alle frazioni, coi suoi rii, i suoi pendii, i suoi boschi… se non la si gestisce sono le zone popolate a valle ad essere in pericolo, o comunque a soffrirne. Inoltre è la principale risorsa del nostro territorio. L’incendio del 2017 e i caldi siccitosi degli ultimi anni han reso la gestione particolarmente difficile ed onerosa, ma grazie ad un po’ di nuova attenzione da parte degli enti superiori, lo sforzo delle diverse associazioni del territorio e tanto lavoro di uffici e amministratori qualcosa credo si stia riuscendo a fare.
LE FRAZIONI DI MONTAGNA
C’è ancora attaccamento alle tradizioni, alla vita delle frazioni? Alcune tradizioni si sono perse nel tempo, qui come altrove, altre sopravvivono, anzi prosperano, grazie all’attaccamento della popolazione, come Fora L’Ours ad Urbiano, o le tante feste patronali delle frazioni, nonostante lo stop degli ultimi anni dovuto al lockdown.
Il nostro territorio è gremito di borgate, non c’è un “centro paese”, solo frazioni, alcune più grandi altre più piccole, alcune ben accessibili, altre meno… quelle più a fondo valle ospitano la quasi totalità dei residenti, mentre talune frazioni più in quota sono diventate col tempo comunità di seconde case che vivono fervidamente da aprile ad ottobre, sono quelle più “belle” perché più curate dalla popolazione e, non a caso, molte di esse si sono salvate dall’incendio proprio perché là si fa ancora pulizia. Altre borgate fisiologicamente si sono spopolate: siamo nel 2023 e non si può pensare che la gente decida di vivere a 2000 metri, magari in una baita senza servizi e non collegata a strade.
La montagna dopo il pauroso incendio del 2017 può tornare a vivere? La mia amministrazione come quella che ci ha preceduto ha ininterrottamente cercato e reperito ingenti fondi per il ripristino di rii, strade e boschi montani andati rovinati dall’incendio. Il problema è che il territorio investito è davvero ampissimo e anche con milioni di euro a volte sembra di svuotare un lago con un ditale. L’associazione fondiaria sta dando una grossa mano a ripristinare pascoli leggeri che dovrebbero essere un contrasto significativo ad eventuali nuovi incendi.
Cos’è il Rocciamelone per gli abitanti di Mompantero? Certo i pantren sentono il Rocciamelone la “loro” montagna, ma sappiamo che il monte è patrimonio e vanto di tutta la valle, che verso di esso nutre un affetto ed una devozione (sia laica o religiosa) smisurati. Mompantero ha in più la responsabilità di esserne custode e cercare, pur nelle ristrettezze dei mezzi, di preservarlo e valorizzarlo.
Una curiosità. È vero che c’è un simbolo del Partito Comunista dipinto sulla casa di una frazione? Sì, una baita proprio sopra casa mia, in realtà per via dei colori si evince che non è il simbolo del PCI ma di una lista – evidentemente ad esso vicina – che si presentò alle comunali, mi pare negli anni ‘50.