Meana e il Branc: ipotesi sul ballo e sulla tradizione

MEANA DI SUSA – In occasione della festa patronale di San Costanzo a Meana, venerdì 16 settembre alle ore 21:15, presso il Salone Polifunzionale, verranno proiettate foto e filmati d’epoca riguardo al ballo del Branc, tradizione ancora viva e presente. La serata, realizzata a cura di Silvio Tonda, nasce da una domanda che lui si è fatto: “Assistere al ballo dei Branc dà la sensazione che quel che accade non è solo quello che vedi. La scena, semplice e potente allo stesso tempo, ti fa nascere un interrogativo: gli oggetti che danzano vogliono dirci qualcosa?

Cercando le risposte a questa domanda Silvio ha attraversato i secoli a ritroso e, venerdì sera, condividerà con i presenti quei momenti di storia passata, dai miti primordiali attraverso i rituali propiziatori importati dal mondo latino, che è arrivata a noi in tutta la sua forza e che, ogni anno, si ripropone sul sagrato della chiesa meanese.

Silvio, come ti è venuta l’idea di iniziare una ricerca di questo tipo?

Gli interrogativi sul significato della danza ogni anno si riproponevano e sfumavano tra gli impegni quotidiani, in attesa di essere approfonditi. L’anno scorso sono stato invitato dal gruppo organizzatore della Festa di San Giuseppe alla Frazione Sarette di Meana di Susa, per creare un momento di approfondimento culturale incentrato sulla storia della borgata. Visionando i materiali ho notato alcune foto storiche e più recenti della cappella di San Giuseppe, che mostravano tre forme affusolate pendenti dal tetto.
Alla domanda su cosa fossero mi venne riferito che erano “I branchet”.
Branchet? Quanto sono affini ai Branc fatti danzare alla festa di San Costanzo?

Mi si è schiuso un mondo: ricordavo di aver letto e riletto il passaggio di Don Natalino Bartolomasi, studioso valsusino che mi ha sempre appassionato per la sua sensibilità e le sue intuizioni, sul suo primo volume “Valsusa Antica”, in cui accostava specificamente il Ballo dei Branc ai culti di Attis e Cibele portati da Roma nel 204 a.C. dalla Frigia per favorire l’esito del confronto militare con Annibale.
Quei culti comprendevano riti praticati intorno ad un pino. Tesi che, per quanto interessante, trovavo alquanto astratta.

E quindi, questa volta, hai deciso di non accantonare la domanda ma di iniziare con le ricerche.

Esatto! I branchet, costituiti anticamente da piante di ginepro, hanno dato lo spunto per portare nuove prove a favore della tesi di Bartolomasi. Gli approfondimenti su diverse opere, tra cui la fondamentale “Mitologia degli Alberi” di Jacques Brosse ma anche i testi di antropologia alpina di Michela Zucca e il culto di Attis e Cibele, hanno permesso di formulare l’ipotesi complessiva.
Ipotesi che tra l’altro avvalora anche altri elementi della tradizione del territorio valsusino come la Puento di San Sebastiano a Chiomonte, il Sharintel a Ramats, il Chanté di Millaures, la Punta o il Bran di Exilles, il Ran di Oulx, il “Ramo” di Cesana Torinese, il Bran a Giaglione.

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