Quando gli Alpini portarono la statua della Madonna sul Rocciamelone

Madonna Rocciamelone Alpini

SUSA – Quando gli Alpini portarono la statua della Madonna sul Rocciamelone? Era il 1899 quando la Diocesi di Susa organizzò la deposizione di una statua raffigurante la Madonna da porsi sulla vetta del Monte Rocciamelone. Realizzata dallo scultore torinese Sguardi la statua bronzea si presentava pesante 650 chilogrammi. Aveva un’armatura interna alta quattro metri dall’ulteriore peso di 800 chilogrammi. Per il trasporto della scultura il generale Federico Ferretti mise a disposizione un gruppo di 60 alpini del Battaglione Susa. Questi, distolti dagli abituali compiti addestrativi, erano comandati dal tenente Parravicini. Il 3 giugno dopo la solenne benedizione, svoltasi nella piazza d’armi di Susa, ora della Repubblica, iniziò il trasporto.

Madonna Rocciamelone Alpini

Il bronzo venne smontato in otto parti per facilitarne il trasporto e caricato su carrette. Dal 26 al 28 giugno gli otto pezzi della statua furono portati dagli Alpini. Caricata la statua, l’armatura e i materiali per la posa, da Susa andarono fino a Cà d’Asti passando sulla strada militare carreggiabile che da Urbiano saliva fino al Pampalù. Il mese successivo gli Alpini, con l’ausilio di molti civili, portarono in vetta la statua impiegandoci solo due giorni. Lì fu assemblata. Per le Truppe Alpine il compito fu arduo ed impegnativo ma seppero destreggiarsi abilmente con l’esperienza acquisita nel corso delle esercitazioni negli spostamenti in alta quota.

Federico Ferretti

PRIMA DEGLI ALPINI E IL TRITTICO

Prima che la Madonna arrivasse al Rocciamelone grazie agli Alpini c’è molta storia. Il Rocciamelone nel medioevo era considerato la più alta cima delle Alpi. Questa convinzione, che oggi sappiamo errata, era supportata da diversi fattori. Il monte infatti incombe su Susa con un balzo che supera i tremila metri, inoltre era ben visibile per la sua caratteristica forma conica.  Nel medioevo vi furono diversi tentativi di salita alla vetta, compreso uno da parte dei monaci dell’abbazia di Novalesa.  Il crociato astese Bonifacio Rotario, catturato dai Turchi, si affida alla Madonna, promettendo, qualora fosse tornato in patria, di dedicarle un simulacro sulla vetta della prima montagna che avesse visto tornato sul suolo natio. Assistito da alcuni portatori, raggiunse effettivamente la vetta portando con sé come ex voto un pregevole trittico in bronzo inciso con il bulino. Collocò l’opera in una grotta scavata nella roccia sulla cima della montagna.

Questo storico evento alimentò per secoli una importante devozione popolare verso la Madonna, e molti altri pellegrini si aggiunsero a Bonifacio Rotario. Il 5 agosto 1673 però un tale Giacomo Gagnor, soprannominato in maniera eloquente “il matto di Novaretto“, fece un pellegrinaggio sul Rocciamelone e si portò via il famoso trittico dalla vetta recapitandolo poco tempo dopo al castello di Rivoli. Era convinto di fare un piacere al Duca di Savoia Carlo Emanuele II affinché potesse ammirarlo con la sua corte senza doversi sobbarcare la faticosa ascesa. Da allora in poi la preziosa opera è stata custodita all’interno della cattedrale di San Giusto a Susa ove si trova tuttora.