La lepre variabile ha zampe larghe per non affondare nella neve

Lepre variabile, Blu EdizioniI mammiferi delle Alpi, Blu Edizioni

La lepre variabile, morfologicamente molto simile alla lepre europea, se ne distingue per le orecchie che non superano in lunghezza la testa. Poi per la pelliccia più folta, con colorazione bruno chiaro tendente al grigiastro, e per la coda che nella parte superiore è bruna anziché nera. In inverno è impossibile confonderla con la congenere perché il mantello diventa bianco, a eccezione delle orecchie che presentano punta nera e margine esterno grigiastro e per un sottilissimo anello nero intorno agli occhi. Il cambiamento della livrea è influenzato dalla durata delle ore di luce e dalla temperatura, e soprattutto quello invernale non avviene bruscamente, ma presenta fasi intermedie. La muta autunnale inizia a ottobre per completarsi in novembre, mentre quella primaverile si compie solitamente in marzo-aprile.

SI ADATTA A UN’AMPIA VARIETÀ DI HABITAT

Le zampe posteriori sono molto sviluppate in rapporto alle dimensioni e piuttosto larghe, con dita notevolmente divaricabili che consentono di non affondare nella neve. Le unghie robuste e arcuate facilitano la tenuta sulle superfici ghiacciate. Come nella lepre comune, l’intera faccia inferiore delle zampe è ricoperta di peli a formare un cuscinetto lanoso. Si adatta a un’ampia varietà di habitat, che vanno dai boschi radi di latifoglie e conifere, preferiti in inverno perché offrono maggiore riparo, agli arbusteti di rododendro e mirtilli, fino ai pascoli e alle praterie alpine di alta quota, frequentati in estate. La dieta spazia tra varie erbe, funghi e bacche, mentre in inverno si adatta a mangiare, oltre all’erba secca, foglie, muschi e licheni e a rosicchiare radici, cortecce e semi di conifere. Il cibo viene ricercato anche scavando tunnel nella neve, poi utilizzati anche per il riposo.

Tratto dal libro “I mammiferi delle Alpi“, di Laura Canalis. Blu Edizioni, Torino.