Errore, il gruppo non esiste! Controlla la tua sintassi! (ID: 69)
11.8 C
Susa
venerdì, 23 Maggio 2025

La Battaglia della Ramats: un sacrificio dei partigiani per la libertà nella Valsusa

VALSSA – l vento gelido di fine marzo 1945 sferzava le pendici della Val Clarea e le Ramats, in alta Valsusa. In questo scenario montano, i partigiani della 115ª Brigata Garibaldi “Bruno Peirolo” avevano trovato un rifugio, un baluardo di resistenza contro l’oppressione nazifascista che ancora stringeva l’Italia. Ma la libertà ha spesso un prezzo doloroso, e per questi uomini quel prezzo si materializzò il 28 marzo, a seguito di una vile delazione. Quel giorno, le Ramats divennero teatro di una cruenta battaglia. Le forze nemiche, una morsa congiunta di soldati della Folgore e reparti tedeschi, lanciarono un’offensiva coordinata. Tre colonne si mossero implacabili, risalendo la Val Clarea, provenendo da Exilles e da Chiomonte, stringendo i partigiani in una tenaglia mortale.

La Battaglia delle Ramats in Valsusa

Nonostante l’inferiorità numerica e la sorpresa dell’attacco, i partigiani combatterono con coraggio e determinazione. Ogni roccia, ogni anfratto divenne una postazione di difesa, animata dalla ferma volontà di non cedere al nemico. Ma la disparità di forze era soverchiante. Sotto il fuoco incrociato, caddero eroicamente tre combattenti per la libertà: il trentino Emilio Rech, Vice Commissario di Brigata, un animo generoso che aveva scelto la lotta partigiana come suo impegno civile; Ivan Petrov, giunto da lontano, dalle terre presso Leningrado, per unirsi alla resistenza italiana; e Joseph Cherif (o Scherif), di nazionalità austriaca o tedesca, un uomo che aveva rinnegato l’ideologia nazista per abbracciare gli ideali di libertà. Altri tre partigiani furono catturati nella furia dello scontro. Tra questi, Armas Suzi, nato nella lontana Siberia, con un destino tragicamente segnato: sarà infatti fucilato lo stesso giorno a Susa, lontano dai monti che aveva difeso con tanto valore. La barbarie del nemico non si fermò con la cessazione dei combattimenti. I corpi senza vita di Emilio Rech, Ivan Petrov e Joseph Cherif furono trascinati, martoriati con inaudita violenza e infine sepolti sommariamente nei dintorni della frazione Sant’Antonio. Solo in seguito, le loro spoglie vennero pietosamente riesumate e trasferite nel cimitero locale, dove per anni rimasero ricordate da tre lapidi con la semplice, ma eloquente, iscrizione: “Caduti per la Libertà”.

Un civile barbaramente ucciso

Qualche giorno dopo la battaglia, la montagna restituì un’altra vittima innocente. A monte delle Ramats fu ritrovato il corpo senza vita di Desiderato Sibille, un civile di 62 anni residente a Chiomonte. Anch’egli aveva subito la ferocia dei suoi aguzzini tedeschi, un’ulteriore testimonianza della brutalità che si abbatteva sulla popolazione civile in quegli anni di guerra e occupazione. La Battaglia delle Ramats rappresenta una pagina dolorosa ma significativa nella storia della Resistenza in Val di Susa. Il sacrificio di Emilio Rech, Ivan Petrov, Joseph Cherif e Armas A. Suzi, insieme alla tragica fine di Desiderato Sibille, sono un monito costante contro l’odio e la violenza, e un ricordo indelebile del prezzo pagato per la riconquista della libertà e della democrazia in Italia. Le loro storie, custodite con cura dall’ANPI Chiomonte Alta Valle Susa, continuano a vivere, ispirando le nuove generazioni a difendere i valori della pace e della giustizia.

Ultimi articoli

Ultimi articoli