BARCELLONA – La notizia del referendum sull’indipendenza catalana dalla Spagna ha fatto in poche ore il giro del mondo. I telegiornali ci hanno mostrato video di violenza contro gli elettori, e le notizie diffuse sono confusionarie: vale o non vale questa vittoria schiacciante? Sembra non essere legale, eppure Barcellona non si arrende: oggi ha dichiarato sciopero generale, causando non pochi disagi. Ma abbiamo modo di vedere più nel dettaglio cosa realmente sta succedendo nelle piazze catalane.
Giacomo Scarcella, 19enne residente a Susa, è partito questa mattina alla volta di Barcellona. Ci ha raccontato, passo dopo passo, una frenetica giornata animata da cortei, scioperi, manifestazioni e lotte per la difesa dei diritti fondamentali propri di ogni cittadino. Il diritto di voto è uno di questi: la libertà di potersi esprimere liberamente attraverso un referendum sta alla base delle manifestazioni che hanno preso vita in questi giorni nelle piazze di Barcellona. Un diritto negato, per giunta con la violenza, provoca una ribellione più funzionale, perché più compartecipata e più sentita. E’ l’effetto domino delle eterne lotte per i diritti: quando qualcuno zittisce, c’è sempre chi grida più forte. E la vera vittoria sta proprio nell’essere anche solo ascoltati.
Ore 14,30: l’arrivo a Barcellona
“Eravamo quasi arrivati a Barcellona con Flixbus. L’arrivo previsto era alle 9, ma siamo giunti alla stazione dei pullman solo a mezzogiorno: i manifestanti avevano bloccato quasi interamente l’autostrada, facendo passare soltanto una macchina alla volta, causando notevole traffico. Su un cavalcavia hanno attaccato una gigantesca bandiera catalana e uno striscione con su scritto “Europe help us”.
Arrivati qui, poco fuori dal centro, ci siamo imbattuti in strade completamente deserte: giusto poca gente a piedi e qualche automobile. Quasi l’intera popolazione di Barcellona era raccolta nelle vie principali, che abbiamo dovuto attraversare con grande fatica per la troppa calca di gente che protestava. Parlando con dei ragazzi conosciuti in ostello, ho capito il vero motivo della protesta: non è l’indipendenza in sé a creare scontento, ma il non poter esprimere liberamente se stessi e il proprio pensiero attraverso un referendum, che ovviamente è stato negato con eccessiva violenza.
Ti invio la foto di una scheda, trovata per terra accanto a un seggio che è stato rovesciato violentemente dalla Polizia l’altro ieri.”
Ore 17: l’inizio delle manifestazioni
“Comincia a raggrupparsi molta più gente. Si sta formando il corteo da vari punti della città. Ci troviamo in Plaza de Catalunya, e la situazione inizia ad animarsi. Non ci sono Forze dell’Ordine in tenuta antisommossa: soltanto gli agenti del traffico che limitano il passaggio nelle zone previste dalla manifestazione.
Si scorgono in tutta la Gran Via de les Corts Catalanes bandiere indipendentiste, ma non sono le uniche: si inneggia prima di tutto alla democrazia, una democrazia che è stata loro negata. Lottano per il diritto di potersi esprimere attraverso il voto in un referendum riconosciuto dal Paese. Numerose sono le bandiere democratiche ed antifasciste. Ho intravisto vari cartelli con su scritto “Francisco Franco non è morto, sta ancora governando questo paese”, accusando di condotta fascista l’attuale governo.”
Ore 20: verso la fine del corteo
“Le vie di Barcellona sono decisamente più sgombre rispetto a oggi pomeriggio, solo davanti all’Università la massa è ancora notevole: persone di tutte le età, dai bambini ai più anziani, cantano e ballano nelle strade. A guidare il corteo è la fascia giovanile dai 20 ai 30 anni. I semafori funzionano a vuoto, le strade del centro sono popolate da fiumi di bandiere, cartelli e striscioni ancora innalzati al cielo.”
Non c’è stata violenza, non ci sono stati scontri: democraticamente i catalani stanno richiedendo la democrazia.