Il “Venerdì dal Sindaco” a Giaglione, il paese degli spadonari

GIAGLIONE – I reportage “Venerdì dal Sindaco” proseguono con il primo cittadino di Giaglione, Marco Rej. Questa settimana prosegue con l’intervista al primo cittadino di Giaglione, Marco Rej, la rubrica “Venerdì dal Sindaco” che, per iniziativa della Direzione comunicazione e rapporti con i cittadini e il territorio della Città Metropolitana, propone reportage televisivi e interviste ai primi cittadini dei piccoli Comuni nel canale “YouTube” dell’Ente. Per vedere i filmati e i reportage fotografici del “Venerdì dal Sindaco” basta andare sul portale Internet della Città Metropolitana di Torino alla pagina http://www.cittametropolitana.torino.it/speciali/2021/venerdi_dal_sindaco/. I filmati vanno anche in onda sull’emittente interregionale Telecupole, il sabato alle 14,30, con repliche la domenica alle 18,40 e il lunedì alle 20,40. Nell’ultimo numero della rivista settimanale della Città Metropolitana “Cronache da Palazzo Cisterna” si può leggere il reportage da Giaglione. Basta andare nel portale della Città Metropolitana alla pagina. Per scaricare le immagini della fotogallery.

IL VENERDÌ DAL SINDACO A GIAGLIONE, IL PAESE DEGLI SPADONARI

Giaglione, 600 abitanti a cavallo tra l’Alta Valle di Susa, la Val Clarea e la Valle Cenischia, è un suggestivo balcone naturale che sovrasta l’antica Segusium. “Ci chiamano il Belvedere della Valsusa” sottolinea con orgoglio il sindaco Marco Rej. Guida una comunità orgogliosa delle sue peculiarità naturali e culturali. Prima fra tutte la lingua francoprovenzale o arpitana, parlata in Francia (nei Dipartimenti della Loira, dell’Alta Loira e del Puy-de-Dôme, nel Giura francese e in Savoia), nella Svizzera Romanda (Cantoni di Ginevra, Giura, Neuchatel, Friborgo, Vallese, Vaud e Berna), in Valle d’Aosta e nelle valli piemontesi Sangone, di Susa, Cenischia, di Viù, d’Ala, Grande, Orco e Soana. Oltre alla lingua tramandata nei secoli, i giaglionesi che vivono nelle 13 borgate che punteggiano il territorio comunale vanno giustamente orgogliosi della chiesa parrocchiale di San Vincenzo posta su di un poggio panoramico. Poi del vicino castagno monumentale ormai bicentenario, della cappella della frazione Santo Stefano con l’affresco raffigurante la Cavalcata dei vizi, le virtù e le pene dell’inferno, della sezione del Museo diocesano d’arte sacra, dei castelli Superiore e di Menate e della Danza degli Spadonari.

LE BORGATE

Nei secoli le borgate di Giaglione sono sorte nei luoghi in cui erano disponibili sorgenti d’acqua. E tra le attrattive locali, c’è l’opera di ingegneria idraulica che nel XV secolo cambiò le sorti economiche e sociali del paese. Il Canale di Maria Bona, che fu intitolato alla nobile giaglionese, moglie del feudatario locale Andrea Aschieri de Jalliono e molto attenta al benessere della comunità. Quello che i giaglionesi chiamano in francoprovenziale Gran Blalhie fu costruito nel 1458 ed è anche noto per il sito d’arrampicata della Gran Rotsa. Il canale prende l’acqua dal torrente Clarea ai 1100 metri delle grange Buttigliera e attraversa l’intero territorio di Giaglione fino a gettarsi nelle Gorge della Dora nei pressi di Susa. Taglia le pareti dei contrafforti di Toasso Bianco, la Grand Rotsa, per una lunghezza di cinquecento metri ed è interamente scavato nella roccia.

LA VALORIZZAZIONE

Non abbiamo gravi problematiche sociali e lavoriamo per la valorizzazione del nostro territorio. Difendendo l’ambiente e un modello di turismo che tutela e rispetta il territorio, scoprendolo grazie alla rete sentieristica. In collaborazione con la Città Metropolitana di Torino, cerchiamo di valorizzare le attività economiche, come gli antichi vigneti” sottolinea il sindaco Marco Rej. Proprio la vitivinicoltura eroica della bassa e media valle di Susa è stato uno degli elementi di forza del progetto europeo della Strada dei Vigneti Alpini, di cui la Città Metropolitana è stata capofila.

LE ASSOCIAZIONI

Giaglione è un Comune in cui l’associazionismo è radicato e consolidato, con un forte impegno nella tutela delle tradizioni come la Danza delle Spade. “Siamo una roccaforte della lingua francoprovenzale, grazie al Cesdomeo” rivendica il primo cittadino. Ricorda come il Centro Studi Documentazione Memoria Orale sia nato nel 2004 sotto l’egida dell’allora Provincia di Torino, delle Comunità Montane Alta e Bassa Valle Susa, dell’Università di Torino e del Comune di Giaglione. In attuazione della Legge 482 del 1999 per la tutela delle minoranze linguistiche storiche. A Giaglione la 482 ha trovato un’attuazione concreta. Perché, come sottolinea il Sindaco, “siamo riusciti e costruire un gruppo di giovani che hanno lavorato sulla lingua, riportandola alla dignità che merita. Non possiamo più pensare di utilizzarla tutti i giorni, ma è importantissima per difendere le nostre peculiarità e la nostra identità”.

LE PROBLEMATICHE

Tutto positivo dunque a Giaglione? Per il Sindaco non ci sono quelle “grane quotidiane” che segnano l’attività dei suoi colleghi vicini e lontani? “Non mancano di certo. – ammette Marco Rej – Innanzitutto c’è l’abbandono della montagna, che ha causato problematiche come la presenza del lupo. Il lupo non ha colpa: in cinquant’anni di abbandono nessuno ha controllato l’attività di alcune lobby sul territorio”. Tra le “croci” del Sindaco di Giaglione figurano anche le pastoie burocratiche che frenano la capacità di un’amministrazione locale di fornire risposte ai cittadini. I quali spesso non capiscono quali e quanti passaggi sono necessari per certe pratiche e per certe iniziative.

IL TURISMO

In conclusione dell’intervista, nella sua lingua madre francoprovenzale il Sindaco di Giaglione ha ribadito l’invito ai turisti a visitare il paese per conoscerne le peculiarità naturalistiche e l’identità sociale e la storia del paese. Giaglione non è e non sarà mai una meta del turismo di massa. Ma proprio una frequentazione turistica rispettosa del bello e dell’interessante che Giaglione offre può aiutare i giaglionesi a tramandare le loro tradizioni, i loro saperi e il rapporto corretto che hanno saputo instaurare con l’ambiente alpino.

LA DANZA DEGLI SPADONARI, ANTICO RITO PER PROPIZIARE LA FERTILITÀ DELLA TERRA

La danza popolare che ha portato il nome di Giaglione in tutto il mondo ha un’origine ancora oggi incerta, ma probabilmente può essere ricondotta ai riti pagani di propiziazione per favorire la fertilità della terra e l’abbondanza del raccolto. Il confronto con alcune incisioni rupestri della Val Cenischia, attribuibili alla media età del Ferro (V-IV secolo avanti Cristo), lascia supporre un’origine protostorica della danza. Il cui collegamento al tema della fertilità è suggerito da alcuni particolari del costume. Il pesante copricapo dei danzatori è completamente ricoperto da fiori variopinti. L’abbigliamento è molto ricco di particolari e i tessuti utilizzati sono pregiati. Il corpetto che ricopre i pantaloni blu e la camicia bianca è di tessuto damascato arricchito con ricami, pizzi, lustrini, frange e chiuso con alamari. Intorno alla vita viene annodato un grembiule della stessa stoffa e con le stesse decorazioni del corpetto. L’abbigliamento è completato da guanti bianchi e scarpe nere.

GLI SPADONARI

Gli Spadonari utilizzano un lungo spadone dritto (lou sabro in franco-provenzale) con l’impugnatura in legno decorata e le borchie in metallo che facilitano la presa. Caratteristico è il loro incedere non a passi ma a salti, compiendo le evoluzioni con l’accompagnamento della banda musicale di Giaglione davanti alla chiesa parrocchiale, in concomitanza con la festa patronale di San Vincenzo martire, il 22 gennaio. La danza si ripete la domenica successiva e in occasione della festa della Madonna del Rosario, la prima domenica di ottobre. I protagonisti della coreografia sono i quattro “giovani” spadonari, le sei priore (tre coppie di età diversa) e la giovane portatrice del bran, una struttura in legno con base di 90 centimetri e alta oltre 2 metri. Un disco fissato alla base e due manici permettono a una giovane donna nubile di portare il bran in equilibrio sulla testa durante la processione. Interamente ricoperto da una ricca decorazione di nastri, fiori e frutta, il bran accoglie alla base una particolare forma di pane a ciambella, preparato per l’occasione e distribuito alla comunità giaglionese alla fine della Messa.

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