Il Giorno della Memoria: gli internati militari italiani, tra loro i Granatieri di Sardegna

SUSA – Il 27 gennaio 2022, 77° anniversario dell’apertura da parte delle truppe sovietiche del campo di concentramento di Auschwitz, verranno ricordate le vittime dell’olocausto. Con l’occasione si vuole così mantenere viva la memoria anche delle migliaia di militari italiani che sono stati internati in quei campi ed in tantissimi hanno perso la vita tra gli stenti e le malattie o perché fucilati dai nazisti per non aver voluto sottostare ai loro ordini. Di seguito un brano che racconta un episodio che ha interessato un intero Reggimento il 3° Granatieri.

internati

L’8 SETTEMBRE

Udita per radio l’8 settembre 1943, improvvisa ed inattesa, la notizia dell’armistizio, che i granatieri accolsero compostamente, comprendendo essere armistizio di sconfitta e non di vittoria, e quale non meritavano certo i loro morti d’Albania, subito fu messa d’istinto la caserma in stato di difesa, avendosi forti dubbi sull’atteggiamento delle truppe germaniche. Mentre i primi riservati ordini dati nella notte dal Comando Piazza di Atene, facendo prevedere un imminente e fiera azione di forza da parte delle truppe italiane, e gli animi a ciò erano già pronti, nei giorni 9 e 10 ordini ben diversi e precisi furono diramati dal citato comando, da cui il reggimento dipendeva, e dal Comando dell’11ª Armata, in base ad accordi da questo presi con i tedeschi, superiori in forza alle non raccolte truppe italiane. Negli animi, già pieni di amarezza, forte fu il dolore, e in molti anche lo sdegno. Il senso tradizionale della disciplina però prevalse ed il Reggimento ubbidì, con ordine e compostezza e seguì la sorte delle truppe dell’Attica e della Piazza di Atene. Non un uomo abbandonò il proprio reparto. Il giorno 11, il primo convoglio ferroviario del reggimento partiva da Atene “alla volta dell’Italia”.

IN AUSTRIA

In Austria, il 19 settembre, fu dirottato per il nord della Germania, e così lo furono poi i seguenti convogli. Loro vera destinazione furono gli squallidi campi di prigionia della Germania del Nord. Il comandante e quattro ufficiali del reggimento riuscirono a tempo celatamente a bruciare l’asta della bandiera di guerra; fatto in pezzi il glorioso drappo e scissa in due parti la freccia, li divisero fra loro con la promessa che, qualsiasi cosa accadesse, avrebbero fatto di tutto per riportare in Italia il pegno affidato al loro onore. E ciò in effetti essi fecero. Un episodio fra i molti mostrò in quei tristissimi giorni lo spirito dei Granatieri del 3°, schietti e leali soldati, trovatisi, senza alcuna loro colpa, fra i reticolati di un campo di prigionia. Il 25 settembre 1943, nel campo di Wietzendorf, nell’arida landa del Lunemburgo, ebbe luogo in un grande piazzale, circondato da mitragliatrici, l’adunata delle migliaia di soldati italiani affluiti in quel cupo campo. Fra essi, ordinati e composti al comando dei loro sottufficiali, i Granatieri dei due battaglioni del 3° Reggimento (gli Ufficiali erano stati fatti allontanare dai ranghi e portati cinquecento metri lontano nella radura).

 

I TEDESCHI

Quando poco dopo i tedeschi fecero fare vibrante invito da apposita tribuna perché i nostri soldati si arruolassero nelle SS germaniche, gli Ufficiali dei Granatieri udirono con commozione levarsi dai ranghi dei loro soldati, alte e solenni, le note della vecchia marcia dei pifferi dell’antico Reggimento delle Guardie: erano i Granatieri del 3° Reggimento che, nell’udire quella proposta, che suonava in quel momento e in quel luogo offesa al loro onore di semplici e bravi soldati, rispondevano sdegnosamente con l’inno del loro reggimento, sulle note della marcia delle vecchie Guardie di Piemonte. Poi, marzialmente, compagnia per compagnia, al comando dei sottufficiali, passarono avanti al gruppo dei loro Ufficiali e resero gli onori. Quel canto che in quel pomeriggio grigio del settembre del 1943 si levò nella landa di Lunemburgo, e che turbò e commosse tutti i presenti, fu come il segnale della resistenza morale tenace che, nei durissimi campi di Polonia e di Germania, per due anni, alimentò l’animo degli internati italiani. Il comportamento dei Granatieri del 3° colpì i tedeschi: gli Ufficiali del Reggimento furono l’indomani allontanati dai loro soldati e la sera seguente gettati in un treno e portati in Polonia”.

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