Gente e storie di Valsusa: Maria Letizia Morando, l’amore per l’Africa

ALMESE – Ancora una volta insieme, a casa sua, per parlare d’Africa. Forse sarà una delle ultime volte perché l’inevitabile scorrere del tempo l’ha portata – pandemia permettendo – alle soglie di quello che potrebbe essere l’ultimo viaggio nel continente nero. Siamo seduti di fronte, al tavolo, sorseggiando un buon caffè. Maria Letizia Morando ha gli occhi limpidi, luminosi, che risaltano in un corpicino esile, animato da una volontà coriacea, da una tenacia ferrea, da una capacità d’amare gli ‘altri’ che è sublime forma di altruismo. Mi anticipa: “So che vuoi chiedermi se esiste il ‘mal d’Africa’… e ti rispondo di si.” Mi ha preso in contropiede!

IL MAL D’AFRICA

Ecco che adesso – come se aprisse il libro della vita, lo scrigno dove sono celati i ricordi – emerge il suo ‘mal d’Africa’ che in fondo è poi quello dei Vittorio Bottego, dei David Livingstone, dei James Bruce, di quelli che hanno avuto l’Africa nella mente e nel cuore. “Da ragazzina – racconta – quando mi capitava di trovare qualche giornale o qualche striscia di fumetto che parlava d’Africa, avidamente lo leggevo e rileggevo. Fantasticavo anch’io. Essere nella foresta, ascoltare i silenzi e le grida della savana, navigare le acque del Nilo o del lago Vittoria, accendeva la mia fantasia. Volevo vedere, volevo essere in Africa per seguire le tracce degli esploratori e lasciare le mie orme su qualche landa di quella terra. Era una fantasia infante, il pargolo contagio di un ‘mal d’Africa’ visto sulla carta, un segreto tra me e me. Fu una sera d’estate quando vidi una stella cadente saettare luminosa nel cielo che espressi il desiderio: ‘Stella un giorno portami con te nel cielo d’Africa.’ Poi non ci pensai più, perchè come accade a tutti l’adolescenza si portò via la ragazzina”.

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IL SOGNO SI AVVERA

Ed invece. Ed invece la stella ritornò. Non era cadente, non era luminosa, era al massimo un po’ rumorosa. Era il guscio d’acciaio dell’aereo che stava per scendere a Nairobi, niente di romantico ma molto di tecnologico“. Erano gli anni Settanta, era l’Africa: la ‘sua’ Africa. La ‘malattia’ ora poteva trovare ristoro nella ‘guarigione’. “Tremavo mentre l’aereo scendeva deciso di quota verso l’aereoporto: un turbinio di pensieri, di emozioni, di attese, di gioie e paure mi arrovellavano il cervello negli immediati momenti che precedettero l’atterraggio. Furono secondi lunghi come l’eternità e quando il sobbalzo dei pneumatici dell’aereo indicò che eravamo a terra mi ‘sciolsi’: dietro il portellone, davanti a me, l’Africa.”

IN AFRICA

Iniziò allora per Maria Letizia una lunga attività da missionaria che nel corso degli anni l’avrebbe portata assieme a Padre Aldo Giuliani ad edificare la missione di Sererit nel Kenia: l’avventura di una vita. “Mi ha assorbito molto, mi ha chiesto molto, mi ha dato moltissimo. Ho ‘toccato’ la vera Africa, ho avuto il privilegio di ‘ascoltare’ il cuore dell’Africa, il luogo dove secondo la paleoantropologia l’ominide compì il salto verso il Sapiens. Ho ascoltato il respiro dell’Africa la notte sotto il cielo buio: in poche parti del mondo credo si possa godere di un cielo così buio incorniciato di stelle preziose e costellazioni bellissime quali sono quelle dell’emisfero sud del mondo. Ho ascoltato i rumori ed i silenzi della savana e delle foreste, luoghi dove l’avventura della vita è lotta di ogni giorno, ho ascoltato i pianti e le risa dei bimbi, della gente, che vive con una semplicità per noi disarmante la propria esistenza, e che sa essere felice con poco. Ho imparato ad amare ed ha rispettare l’Africa perché credo che questo continente custodisca una della chiavi del futuro di tutti i Sapiens del nostro pianeta”.

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UNA STELLA

Far ‘girare la chiave della serratura’ nel verso giusto è quello che noi nel nostro piccolo abbiamo tentato di costruire in quel di Sererit dove, se sarà possibile, voglio tornare ancora una volta.” Al commiato – dopo ancora aver visto foto, diapositive, articoli di giornale e quant’altro – Maria Letizia m’accompagna e m’indica il cielo buio e sereno ora che la luna è tramontata. Forse, lassù, da qualche parte una stella cadente (…)

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