Borsa oggi: i mercati finanziari vivono di storie e narrazioni, aspettando “Pivot”

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I MERCATI FINANZIARI

Aspettando “Pivot”, una tragedia in due atti. I mercati finanziari vivono di storie e narrazioni. Storie: nelle ultime settimane, la storia dominante sia nei mercati obbligazionari che in quelli azionari è stata che la Fed dovrà rivedere le proprie politiche e presto. Gli investitori si aspettano che un’economia in rapido indebolimento costringa la banca centrale statunitense a fare un giro di volta e possa tagliare i tassi entro il 2023.

IN USA

Per tutto Luglio abbiamo assistito ad una situazione che gli americani definirebbero “head of steam”: ovvero la caldaia di una locomotiva che accumula vapore prima di poter partire; ogni rilascio di dati negativo è stato “vapore accumulato”: dati sulle abitazioni, contrazione PMI, indebolimento del Petrolio, un calo delle aspettative del mercato per l’inflazione nel prossimo decennio. Narrazioni: l’analisi dei fatti storici “narra” che la Fed nel recente passato (2007, 2008, 2018, 2019) ha fatto manovre di cambio rotta totale rispetto a quanto indicato inizialmente. Ma i tempi sono cambiati, e la locomotiva benchè piena di vapore potrebbe non partire.

INFLAZIONE E SALARI

I dati che contano di più – inflazione e salari – sono ancora troppo forti perché la banca centrale degli Stati Uniti possa operare in alleggerimento. Troppo forti. E i numeri stanno accelerando, anche prima del rapporto NFP sull’occupazione del 2 settembre. Consideriamo l’ultimo report sull’inflazione. L’IPC di base (che esclude i prezzi del cibo e dell’energia) nell’arco di 6 mesi ha registrato un parametro annualizzato di quasi il 7 per cento. Ma il tasso a 3 mesi è quasi dell’8 per cento. E se guardiamo ad 1 mese annualizzato è quasi del 9%. Ciò significa che l’IPC di base sta accelerando, non rallentando, ed è in un territorio molto diverso dall’obiettivo del 2 per cento della Fed.

SUI SALARI

Ancora più importante è lo scenario dei salari. Negli ultimi mesi, sembrava che la crescita dei salari stesse rallentando. I guadagni orari medi, riportati nel rapporto mensile sull’occupazione, sembravano essersi stabilizzati in un tasso annuo dal 3,5 al 4 per cento. Poi sono successe tre cose tutte in una volta. In primo luogo, il tracker della crescita dei salari della Fed di Atlanta ha mostrato che i salari hanno accelerato fortemente a giugno (6,7%). In secondo luogo, i dati medi sui guadagni orari sono stati rivisti al rialzo. Ecco, i salari non rallentano più. Ma la cosa più significativa è stata l’ultima release dell’indice dei costi dell’occupazione (ICE), l’indicatore preferito della Fed. I salari del settore privato hanno accelerato bruscamente a un ritmo annualizzato del 6,5% a giugno. La ciliegina sulla torta, ovviamente, è stato il tasso di disoccupazione che ha raggiunto un minimo post-Covid la scorsa settimana. Il mercato del lavoro statunitense non sta solo rallentando. Sta accelerando.

IL TASSO DI DISOCCUPAZIONE

È anche vero che i mercati del lavoro sono notoriamente “in ritardo”. Nel settembre 2008, periodo di crisi finanziaria, il tasso di disoccupazione era ancora del 6,1%. Quando ha raggiunto il picco del 9,9% un anno e mezzo dopo, gli Stati Uniti erano ormai sulla buona strada per la ripresa. Ecco perché i funzionari della FED sono particolarmente attenti ai salari. Se le alte aspettative salariali vengono incorporate in un’economia, l’inflazione elevata può rimanere “appiccicosa”, tecnicamente sticky prices, per molto più tempo. Un obiettivo di inflazione del 2 per cento è difficile da raggiungere se i salari pro capite aumentano del 6 per cento nel 2023. Ai banchieri centrali non piace ammetterlo, ma un obiettivo primario degli aumenti dei tassi è causare perdite di posti di lavoro sufficienti per garantire che la crescita dei salari rallenti. E se ciò non accade nonostante diversi aumenti dei tassi, aggiunge pressione sulla banca centrale per aumentare ulteriormente i tassi e mantenerli alti più a lungo.

LA POLITICA MONETARIA

Certo, la politica monetaria funziona su un arco di tempo lungo e variabile. Ecco perché le decisioni della banca centrale di solito si basano su previsioni; i dati di oggi non dovrebbero essere il motore dominante della politica di oggi. Ma questi non sono tempi normali. Il picco dell’inflazione degli ultimi 12-15 mesi è stato massiccio, persistente e si è fatto beffe delle previsioni. E una per una, le banche centrali hanno dovuto adeguare la politica ai dati sull’inflazione in arrivo. La Fed ha rotto la propria forward guidance e ha aumentato di 75 bp a giugno a causa di un forte rapporto sull’IPC di maggio. E la BCE ha seguito a luglio, aumentando di 50 bp nonostante promettesse 25 bp.

Allo stato attuale quindi è molto più probabile che le eventuali “sorprese” della FED possano essere più Falco che Colomba, e chi aspetta il Pivot potrebbe dover aspettarlo ancora per molto.

(Centro Studi OOPS Tech)

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