Valsusa: cava Grangetta per il deposito dello smarino. Caselette, Avigliana e Almese “Abbiamo dato il permesso, vigileremo”

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CASELETTE – Valsusa: cava Grangetta per il deposito dello smarino. Avigliana, Caselette e Almese “Abbiamo dato il permesso, vigileremo”.

SULLA CAVA DI GHIAIA A GRANGETTA DI CASELETTE

Dopo un comunicato del Comune di Caselette, sulla Cava in località Grangetta, adesso ne è stato firmato uno tre mani: Avigliana, Caselette e Almese. Una nuova lettera che nulla aggiunge a quanto già ampiamente noto. La cava c’è, è stata autorizzata, lavora a pieno ed ha la possibilità di essere utilizzata come sito di stoccaggio. Chi ha deciso tutto ciò? Il Comune di Caselette. Come già dichiarato dal sindaco Banchieri “l’attività estrattiva condotta dal soggetto privato concessionario sia pienamente regolare“. Spiegano i tre sindaci “le attività estrattive e di ripristino ambientale a destinazione agricola dovranno avvenire scongiurando qualsiasi più grave conseguenza rispetto all’impatto negativo già subito dal nostro territorio”.

LE AUTORIZZAZIONI DEL COMUNE DI CASELETTE

Spiegano ancora sulla cava. “E’ un cantiere la cui autorizzazione, a seguito del suo complesso iter, presenta numerose prescrizioni rispetto a tutte le fasi preparatorie e a quelle più propriamente estrattive, al fine di tutelare il più possibile il territorio. Nelle ultime settimane si è assistito a un ampio dibattito sulla cava di ghiaia Alla base di tale operazione vi è astrattamente il duplice intento, da un lato di rendere nuovamente fruttifero un terreno che avrebbe ormai esaurito il proprio potenziale produttivo agricolo, e dall’altro di estrarre ghiaia che è pur vero da qualche parte dovrà essere reperita. Tale intento è stato ritenuto meritevole dapprima dal Comune di Caselette, attraverso il rilascio di una prima autorizzazione del 2010 recante tutti i pareri positivi dei vari enti coinvolti nel procedimento, poi prorogata nel 2020 a seguito di ulteriore verifica dalla Regione Piemonte“.

Nasce però la preoccupazione sulle operazioni legate al così detto ritombamento, cioè portare materiale nella cava dopo l’estrazione. “Nonostante quindi l’attività estrattiva condotta dal soggetto privato concessionario sia pienamente regolare e predisposta a tutte le cautele necessarie, l’avvio dei lavori ha disegnato uno scenario tutt’altro che entusiasmante. Quello che risultava essere un terreno agricolo coltivato a mais ha lasciato il posto a un cantiere, mentre una volumetria massima di 220mila metri cubi circa sarà estratta, movimentata e trasportata da migliaia di camion. Almeno 30mila metri cubi necessari per ritombare lo scavo, possano provenire dal cantiere Tav di San Didero“.

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