A San Giorio e Soppressione del Feudatario 2018, il Decreto Gabrielli blocca la Pro Loco

S.GIORIO – Il Feudatario di San Giorio la scamperà per la prima volta dopo decenni, nessuno lo infilzerà con la spada e la sua testa non cadrà nella gerla. La figura centrale della manifestazione cittadina può ringraziare il Decreto Gabrielli. Dopo la Via Crucis di Bussoleno, la norma ormai definita “ammazza manifestazioni” ha un’altra vittima: la rievocazione di San Giorio.  E’ la Pro Loco ad ever comunicato il forfet. “Avremmo potuto salvare alcuni aspetti della manifestazione – scrivono i volontari  – ma la scelta del direttivo è stata unanime e irrevocabile. Ad ottobre ci eravamo già trovati a fare i conti con il Decreto Gabrielli e per questo evento patronale eravamo riusciti a metterci “a posto” sotto il piano delle normative di sicurezza, realizzando appositi piani, pagando personale competente con attestati antincendio rischio elevato, conta persone evento, e con collaborazione del sindaco e dell’ufficio tecnico comunale”.

LA FESTA

“La sospensione della festa è partita invece da un normativa del 1996 che regola il pubblico spettacolo e la distanza di almeno 20 metri dagli edifici circostanti, qualunque essi siano. Essendo la nostra una manifestazione con presenze superiori alle duecento persone, la commissione di vigilanza non avrebbe mai autorizzato una manifestazione in una piazza così“.

LA STORIA

La Soppressione del Feudatario è cominciata come manifestazione nel 1929. Fu allora che per la prima volta si svolse la rievocazione storico e leggendaria sulle alture del castello medievale di San Giorio. La rievocazione storico leggendaria de “La Soppressione del Feudatario” , che si rappresenta a San Giorio nella domenica più prossima al 23 aprile (giorno della festa patronale di San Giorgio martire), rappresenta uno dei momenti più suggestivi e particolari dell’intero folklore valsusino. Questa sagra, imperniata su un evento storico riferito all’epoca medievale, è stata rappresentata per la prima volta sulle alture del castello medievale nel 1929, anno in cui l’allora parroco don Attilio Bar, descrisse il copione. La leggenda narra dell’epopea di un popolo contadino vessato di tributi ed angherie da un tirannico signorotto locale: l’estremo tentativo del despota di far valere il crudo abuso dello “ius primae noctis”, scatena la ribellione degli umili e nel lieto epilogo trionfa la libertà.

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