Il lupo che popola le Alpi, un convegno del Club Alpino Italiano

di LODOVICO MARCHISIO

TORINO – Sabato 10 marzo si è svolto a Torino presso l’Hotel Diplomatic, il terzo convegno, anche giornata nazionale di studio per gli associati del Club Alpino Italiano, sul lupo e la zootecnia montana dei grandi carnivori che popolano le nostre Alpi, in un sereno confronto per analizzare le esperienze con esperti del settore sulle problematiche e prospettive atte a tener conto dell’ambiente, dei pastori, agricoltori, escursionisti e di tutti coloro che per ragioni diverse frequentano la montagna in genere.

Questo simposio è stato organizzato con la collaborazione e il contributo del CAI Centrale, del Gruppo Regionale Piemonte, del Comitato Scientifico LPV, della Commissione Tutela Ambiente Montano del Piemonte e della Valle d’Aosta e di Life Wolfalps. Si è costituito, infatti, in seno al CAI un vero e proprio gruppo che studia questi animali che da soli si sono reinseriti in molte zone delle nostre Alpi e Appennini, anche per sfatare le solite leggende metropolitane che vipere e lupi siano stati introdotti da terzi. Lo scopo di questo convegno, che ha visto un’affluenza superiore ai 200 partecipanti, è stato per l’appunto quello di fare chiarezza sul problema e di far conoscere le tecniche di difesa dai predatori senza ricorrere ad abbattimenti (non dimentichiamo che il lupo è una specie protetta) come vorrebbero i cacciatori.

La giornata è iniziata con i saluti istituzionali di Michele Colonna

Colonna ha focalizzato l’attenzione sul problema dei branchi inselvatichiti e sulla necessità di saper ben ammaestrare chi usa per difesa dai lupi, i pastori maremmani, che di per sé (se non ben addestrati) possono rappresentare un pericolo maggiore del lupo stesso. Ha preso poi la parola Paolo Salsotto, presidente del Parco Alpi Marittime che dopo aver portato i saluti per la Regione Piemonte dell’assessore all’ambiente, foreste e parchi Alberto Valmaggia, ha evidenziato quanto stia a cuore in questo contesto il problema dei montanari (agricoltori, pastori, ecc). Si è quindi entrati nel vivo delle relazioni condotte da Davide Berton, ove esperti del settore hanno fatto maggior chiarezza sull’annoso problema dei predatori e di come prevederne le mosse. A tale proposto sono intervenuti Luca Battaglini che quale docente sull’igiene e benessere degli animali in allevamento, ha focalizzato l’attenzione su come preservare il paesaggio zootecnico alpino oggetto di abbandono e predazione, a seguire Mauro Bruno, veterinario ed esperto di predazioni sui domestici, che ci ha eruditi sull’impatto della zootecnia montana nelle province di Cuneo e Torino a vent’anni dalla ricomparsa del lupo.

Le sue esperienze condotte sul territorio

Concetto che è stato ampliato da Arianna Menzano sulla possibile prevenzione da canidi alla luce delle sue esperienze condotte sul territorio (reti protettive, fili elettrificati, guardiani dei greggi, ecc) anche se ovviamente in primis è necessaria la presenza del pastore che non deve perdere di vista i suoi capi di bestiame abbandonandoli in pascoli non controllati, i cosiddetti “pascoli vaganti”. Per ultimo è intervenuto Enrico Ferraro, tecnico faunistico, che ha curato la dinamica del lupo nell’arco alpino orientale e il conflitto col mondo zootecnico. Dopo la pausa pranzo vi è stata una tavola rotonda, moderata da Luca Pelliccioli, aggiungendosi ai relatori del mattino, esperti in assicurazione del bestiame, guardie forestali, rappresentanti degli allevatori, ecc).

Gli allevatori

Essendo impossibile per mancanza di spazio redigere ogni intervento, faccio solo notare alcuni aspetti emersi dall’acceso dibattito al quale è seguito l’intervento del pubblico e che si è concluso con discussioni e ulteriori approfondimenti sui temi trattati. I seri allevatori presenti hanno subito evidenziato e puntualizzato che la famosa tripla “S” (spara al predatore, scava una buca e stai zitto) di cui si vocifera, è solo usata da malfattori che non appartengono alla loro categoria, tanto che usando le strategie di prevenzioni in atto, le predazioni sono scese a livelli molto bassi. È stato anche fatto notare durante gli interventi, che i lupi e gli orsi (ove vi è la loro presenza, non qui da  noi) attaccano maggiormente, dove devono usare meno dispendi di forze e cioè capi malati tra gli ovini, femmine gravide di ogni genere e nel caso dei bovini: vitellini sotto i 4 mesi di età.