Imprese artigiane in Piemonte: Unioncamere “non c’è molto da festeggiare”

muratore demolizione

TORINO – Imprese artigiane in Piemonte: Unioncamere” non c’è molto da festeggiare” (CNA).

DIFFICOLTÀ PER LE IMPRESE ARTIGIANE IN PIEMONTE

Quello che traspare da questi dati è una forte disomogeneità sia tra i comparti analizzati sia tra i territori del Piemonte. Vero è che nel 2022 il tasso di crescita delle imprese artigiane piemontesi si è attestato al +0,4%, ma se si analizzano i dati più nel dettaglio si capisce come la cifra di questa crescita tutto sommato modesta sia un elevato disallineamento che crea instabilità. Nel dettaglio, prendiamo in esame i due comparti che hanno visto la crescita maggiore: il comparto dell’edilizia e quello agricolo.

FINITO IL 110%

A livello settoriale la prima realtà per numerosità si conferma, anche nel 2022, quella edile, con il 42,3% delle realtà artigiane piemontesi, andando a realizzare una crescita del 2,1% (+428 unità rispetto al 2021). Questo dato però non può non tenere conto dell’impatto che ha avuto sul settore il bonus governativo sull’edilizia (il famoso 110%). Finito il doping del 110% che ne sarà di questa crescita? Solo l’agricoltura chiude l’anno con un risultato migliore rispetto a quello delle costruzioni. Le imprese artigiane agricole, infatti, crescono del 5,7%. Anche in questo caso è facile immaginare come questo dato sia frutto di un deciso accorciamento della filiera legata alle importazioni frenate per via della pandemia.

IL TURISMO

Ma anche qui le cose si stanno normalizzando. I dati rimanenti, che riguardano il commercio, il turismo, i servizi e l’industria sono tutti negativi. Per questo dico che nonostante un segno positivo non c’è molto da festeggiare. Abbiamo aziende che a causa dell’inflazione sono state costrette a dirottare ingenti risorse per rimanere aperte, risorse altrimenti destinate all’innovazione tecnologica ed alla ricerca. Moltissimi imprenditori ed artigiani sono costretti a procedere con le loro attività quasi alla giornata, non riuscendo a fare una programmazione proiettata sul medio/lungo periodo a causa del costo del denaro e delle tensioni internazionali; in più permane una forte emergenza occupazionale con il relativo e sempre più stringente fabbisogno formativo che, oltre a incidere notevolmente sulla produttività, rende le nostre imprese sempre meno competitive soprattutto nei confronti della concorrenza estera.

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