Bando residenzialità in montagna, intervista al presidente Uncem Colombero

ROMA – Bando residenzialità, intervista al presidente Uncem Colombero: “Ripartiamo da servizi nei territori che guardano al futuro“.

Presidente Colombero, la Giunta regionale del Piemonte sta dando attuazione alla Legge 14/2019, articolo 31, con l’istituzione della “misura per la concessione di contributi per lo sviluppo della residenzialità in montagna ed approvazione dei criteri per l’anno 2021”. Ci sono 10 milioni di euro sul tavolo. È importante, giusto?

Certamente. Non solo si dà attuazione alla legge montagna regionale, del 2019, alla quale Uncem con il Presidente Riba ha lavorato intensamente. Ma si dà anche attuazione all’articolo 19 della legge nazionale montagna, la famigerata 97/94, primo firmatario l’amico Senatore Carlotto. E pure alla legge nazionale 158/2017 sui piccoli Comuni che agli articoli 4 e 5 prevede misure per il contrasto all’abbandono di immobili e la riqualificazione dei centri storici. In una fase politica nella quale ci dimentichiamo che la politica agisce con norme e azioni parlamentari, oltre che delle Regioni, potrebbe sembrare banale dire che vengono attuate delle leggi. Invece per noi è importante. Attuare leggi statali e regionali nel quadro di nuove politiche e nuova attenzione per la montagna.

Dunque, la misura le piace, vero?

È un investimento importante, con un’opportunità nuova per favorire chi vuole andare a vivere nei territori montani, nei Comuni delle Alpi e degli Appennini. Uncem ha lavorato al bando con la Regione e voglio ringraziare, insieme alla parte politica con il Presidente Cirio e il Vicepresidente Carosso, in particolare la dottoressa Musolino a capo del Settore Montagna e l’ingegnere Crotta che Dirige la Direzione regionale che comprende anche urbanistica e ambiente. Abbiamo lavorato intensamente per comporre la misura e il bando. E dal 1° settembre sarà aperta la piattaforma per rispondere all’opportunità.

Ma le piace come è venuta fuori questa opportunità che cuba 10 milioni di euro?

Tutte le misure, in particolare quelle più “nuove”, innovative, vanno misurate e solo ex post si possono fare valutazioni adeguate. Ex ante si può lavorare per comporle al meglio. E così Uncem ha fatto dando come sempre il proprio contributo scientifico e istituzionale. La complessità del tema ha imposto confronti, riunioni, rinunce, cambiamenti, modifiche. Una cosa la Regione avrebbe dovuto fare, e cioé prevedere che alla misura possa accedere anche chi risiede già in un Comune montano e voglia acquistare un immobile, rigenerarlo. Abbiamo anche provato ad agganciare un incentivo per chi apre un’impresa ma non è semplice. Anzi. La tabella dei punteggi prevede diversi indicatori interessanti. Forse pochi hanno fatto commenti in queste ultime ore avendo già letto i criteri… ma sappiamo bene che succede così e dobbiamo guidare il processo come alcuni Sindaci hanno detto.

In che senso?

Le cose da fare sono molte. Da subito. La prima è un’azione culturale. Nell’ultimo anno e mezzo sono cresciute immagini bucoliche sui borghi e sulla montagna dove è bello vivere. Chi come me la vive sa quanto sia complesso e quando autunno e inverno siano lunghi. Dobbiamo spiegare bene che cambiare vita non è un’operazione banale. E che la montagna non è per tutti. Molti manco devono provare a infilarsi in questa avventura. Poi c’è una questione ‘lavoro’. Se mi trasferisco devo sapere cosa fare. Non basta il telelavoro, quando peraltro troppi territori non hanno ancora una buona qualità di connessione, per colpa di un piano banda ultralarga lento e posso dire ‘fallimentare’ finora. Se ho un lavoro, sul territorio, o se ho le idee chiare su cosa fare, anche a livello imprenditoriale, posso farcela. Se chi si trasferisce spera di trovare qualcosa, dico serenamente di restare dov’è.

E poi? Le sembra niente tutto questo? No anzi… ma altri rischi? Come i Sindaci possono appunto guidare il processo?

Alcuni Sindaci negli ultimi anni si sono attivati. Ad esempio hanno mappato le case in vendita e in affitto sui loro territori. In alcuni sono molti, in altri, come da me in Val Maira, è rimasto ben poco. E i prezzi sono alti. Diciamo che variano molto nella montagna piemontese. La mappatura di un Sindaco, informale certo, permette di dare anche qualche consiglio… credo che chi si voglia trasferire, un giretto in valle, tra i paesi, se lo farà… e una chiacchierata con chi ci vive mi sembra quasi quasi necessaria…

Sta dicendo che meglio un giro in valle rispetto a un ‘HouseAdvisor’?

Non abbiamo oggi piattaforme che dicono come si vive e cosa c’è in quel Comune piuttosto che in quello vicino… L’idea di un’HouseAdvisor possiamo immaginarlo, ma guai a una merficificazione, piuttosto che a un collettore di giudizi di autoctoni o di ‘nuovi’… sarebbe un’arma della quale non sentiamo la mancanza.

E cosa devono ancora fare allora i Sindaci?

Guai a noi a caricarli di altre cose da fare! Chi ha mappato le case lo ha fatto come esercizio informale e di sua spontanea volontà. Non è compito di un Sindaco, ma se lo ha fatto può servire. Diciamo che come Uncem dobbiamo lavorare per aggiungere tasselli alla strategia.

Si spieghi meglio.

Serve una strategia. Il bando che agevola chi si vuole trasferire, ovvero il “neopopolamento” o ancora “riabitare le alpi” è un tassello. Poi ne servono altri. Come quello del bando per le “botteghe dei servizi”, che vorrei potessero diventare “case della comunità”, cioé riferimento per chi vive da sempre sui territori e chi ci vuole andare a vivere. Non solo negozi o bar, ma luoghi di aggregazione, di condivisione, di dialogo, di elaborazione. Spazi culturali e allo stesso tempo punti di incontro, di futuro.

Il menu è completato? Sembra già ambizioso…

Tutto questo non basta se non si riparte dai servizi. Quando nel 2007 Regione e Uncem hanno lanciato il grande piano per la rivitalizzazione dei borghi alpini, avevamo puntato molto sulla ricostruzione del tessuto urbanistico, sull’apertura di nuove attività, sulla rigenerazione degli spazi. Quindici anni importantissimi. Il percorso di recupero dei borghi vede il Piemonte in prima fila, insieme a Umbria, Marche, altre regioni alpine e appenniniche. Molte risorse sono state investite finora e altre sicuramente si muoveranno, pubbliche e private. Ma oggi serve ancora un ingrediente. Che è il ripensamento dei servizi. Ed è il più difficile. Non a caso la Strategia nazionale Aree interne punta proprio su sviluppo economico dei territori e parallelamente riorganizzazione dei servizi, quali scuole e formazione, sanità e welfare, trasporti e mobilità. Mi pare che proprio il covid e la stessa crisi climatica, unita a quella pandemica, dicano che ripensare questi servizi è indispensabile per chi vive e chi vuole andare a vivere nei Comuni alpini e appenninici.

Dunque secondo lei e secondo Uncem questa potrebbe essere una pista di lavoro importante…

Senza dubbio. Anche per evitare nascano contrapposizioni e incomprensioni tra chi vive da sempre nei territori e si sente ignorato dalle opportunità di accesso ai contributi pubblici, come quelli del bando regionale che si apre il 1° settembre. O ancora, che chi vive i territori da sempre si senta meno considerato rispetto ai “nuovi”. È sempre stato difficile il mix tra chi c’era e chi arriva. Ma il tema non è “da laboratorio”, per antropologi con il camice bianco. È al centro di tanti percorsi, più o meno fortunati sui territori. Ecco, per evitare le contrapposizioni e le incomprensioni, prima e dopo il bando regionale del Piemonte, occorre lavorare insieme sui servizi. Servono visione e strategia. Non bastano di certo 10 milioni. E occorre evitare di dire che in passato c’era molto di più, che oggi questo e quello non l’abbiamo più… Guardare al futuro vuol dire mettere insieme diverse opportunità nuove. Servono strategie e risorse. Ma dai nuovi fondi strutturali, come il POR FESR, possono arrivare opportunità.

Qualche esempio?

Sui pediatri e sui medici di base. Non possiamo lasciare che la montagna abbia quello che rimane dopo che le città hanno drenato tutto. Se una famiglia che vive in un Comune montano non ha il pediatra, se ne va. Come se manca il nido. L’asilo nido. Non ce ne sono in montagna. Ci sono anche formule nuove, che vanno incentivate. Se il PNRR ha spazi per finanziare 28mila posti in asilo, almeno il 20 per cento devono essere nei Comuni montani. Così per i trasporti. Occorre inserire nuovi mezzi e nuove modalità di accesso, a metà tra “a chiamata” e collettivo. E devono essere finanziati dal fondo per il trasporto pubblico. Sulle scuole, ancora, dobbiamo studiare poli nelle valli moderni, secondo standard inclusivi delle diverse fasce di età, come succede in mezza Europa. Dobbiamo andare oltre i soliti schemi. Ma le proposte Uncem non mancano.

Davvero è possibile?

Parto da dove sono partito. Questa azione sulla riorganizzazione dei servizi crea comunità. Ed è prevista dalle leggi che citavo nelle prime risposte. Cioé la legge regionale montagna del 2019, la legge 97 del 1994 nazionale sulla montagna, la 158 sui piccoli Comuni che tanto Uncem ha voluto. Riorganizzare i servizi e montarli nel quadro dei ‘livelli essenziali delle prestazioni’ permette di attuare diversi articoli della Costituzione. Non parliamo a vanvera. Siamo concreti e abbiamo moltissime proposte. Ci lavoriamo da subito con la Regione Piemonte. Come con le altre Regioni. Ma il Piemonte deve aprire il percorso nazionale per studiare nuove modalità di erogazione dei servizi nei territori montani.

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