CONDOVE – E’ mancata questa notte la maestraĀ Andreina Ferraris, un pezzo di Condove che non ci sarĆ piĆ¹. Dalla sua memoria, dai suoi racconti si viaggiava nel tempo e s’imparava sempre qualcosa di utile per il futuro. Mi accoglieva sempre con garbo e simpatia. Pubblichiamo questo “ritratto” scritto su di lei e che lei volle, da buona maestra, correggere prima che fosse pubblicato. CāĆØ tanto, ma veramente tanto, da ascoltare dalla voce composta e vibrante della signora Andreina che dallāalto dei suoi novantāanni puĆ² sciolinare, compostamente, la storia di mezza Valle. Dal piglio e dalla gentilezza traspare immediatamente la sua profonda cultura, un pĆ² di riservatezza piemontese e un garbo davvero sopraffino. Comincia con raccontarmi la sua gioventĆ¹.
LA FAMIGLIA
āIn casa eravamo sei figli, io lāunica femmina. Mamma morƬ giovanissima cosƬ dovetti occuparmi della casa e dei fratelli piĆ¹ piccoliā. A casa Ferraris lāautoritĆ era il cavalier Federico, che di mestiere faceva il procuratore delle Officine Moncenisio. Ricorda di lui la figlia: āpapĆ si era costruito la carriera partendo da semplice operaio, poi con il lavoro arrivĆ² ad essere uno dei maggiori responsabili della Moncenisio. Dallāordinare un chiodo a far uscire un aereo prodotto tutto passava dalla sua scrivania. Andava allāestero per comprare il legname da produzione e sāinteressava a tutti i materiali. Per questa sua capacitĆ , e per la serietĆ che sempre lo contraddiceva, fece anche il podestĆ ā. Dal 1939 Ferraris prese il posto di Barbiera e giudĆ² il paese fino allā8 settembre del 1943. āFece moltissimo in quel periodoā ricorda la signora Andreina ātutte le settimane visitava le frazioni e cercava di risolvere i problemi della gente di montagna. Tutte le fontane e i lavatoi oggi ancora funzionanti li fece costruire luiā. Torniamo alla nostra signora che fin da piccola dimostrĆ² grande attenzione alla scuola e una profonda curiositĆ a tutte le materie.
LO STUDIO
āDovetti interrompere il corso di studio che avevo iniziato a Torino per diventare maestra perchĆ© senza la mamma in casa cāera bisogno. Ma volli comunque diplomarmi, con qualsiasi mio sacrificioā. Lāostacolo sembrava insormontabile, poichĆ© le scuole superiori a Condove non cāerano e non poteva viaggiare fino a Torino; cosƬ decise di preparasi privatamente e alla fine di ogni anno presentarsi agli esami. āLāorganizzazione era questa. Per italiano e latino il mio professore era mio fratello don Bruno (sarĆ cappellano militare nel 3Ā° Alpini poi parroco di Claviere e maestro n.d.r) per matematica veniva unāinsegnante che abitava in paese, per il disegno tecnico andavo ai corsi del sabato sera con i ragazzi della fabbrica, per la ginnastica salivo a Susa ai corsi della maestra Galeazzi e di Giacinto Contin, per le altre materie mi applicavo e imparavo da solaā. Lāallieva riuscƬ e passando tutti gli esami, allāora affatto semplici, e terminĆ² il corso di studi. Una mente eclettica che trovĆ² un suo pari nel marito.
L’ARTE
āConobbi quello che sarebbe poi diventato mio marito da ragazzina. Abitavamo vicini e nella rigida āetichettaā dāallora la sua famiglia era lāunica a poter entrare in casa nostraā. Giuseppe Arrigoni, per tutti āPeppinoā dopo gli studi si appassionĆ² al restauro e imparĆ² il mestiere dagli artigiani, che a Torino, lavoravano per la Real Casa. ApprofondƬ anche la pittura e il disegno che poi insegnĆ² a scuola. āMio marito per tantissimi anni insegnĆ² ai ragazzi ed organizzĆ² la scuola, che dopo la guerra, necessitava di tuttoā dice la signora āpoi coltivĆ² lāaltra sua passione: lāeducazione fisicaā. Il maestro Arrigoni si laureĆ² allāIsef di Torino ed ebbe una cattedra dāinsegnamento anche in quella materia. Lei fu chiamata, per molti anni, come supplente. āPer settimane, mesi, alcune volte per sostituire insegnanti in congedo di maternitĆ . Suonava alla porta la segretaria della scuola e mi chiedeva se potevo andare per italiano, matematica o altroā. Sapeva di tutte le materie e tutte poteva insegnare. Le chiedo se ha dei ricordi del periodo di guerra, di comāera Condove in quegli anni.
LA GUERRA
āUn ricordo indelebile ĆØ il giorno della dichiarazione di guerra nel 1940. Ero sul balcone del municipio con papĆ e in piazza cāera una grande folla. Cāerano tutti i fanti della Divisione Cagliari sullāattenti. Quando Mussolini annunciĆ² lāingresso in guerra un fante svenneā dice la signora. Al fondo del paese cāerano difatti le casermette militari dove soggiornava la fanteria. Esse nel 1943, dopo la dichiarazione dellāarmistizio, furono letteralmente āassaltateā dai condovesi in cerca di cibo e provviste. āAppena arrivarono i tedeschi in paese rivolevano tutto ciĆ² che era stato preso e cominciarono la perquisizione casa per casa. CapirĆ la nostra pauraā dice la signora Andreina āmisi a letto papĆ ungendolo con creme nauseanti per farlo sembrare gravemente malato. Quando si presentarono ci requisirono tutto con la promessa di una restituzione che non avvenne mai. Presero la macchina da scrivere, quella fotografica, una per filmare e tutto ciĆ² che ritenevano utileā.
LA VITA
La signora mi racconta ancora dei partigiani, della liberazione della sua cittĆ che ĆØ cambiata trasformandosi lentamente fino agli anni Cinquanta poi dāimprovviso dopo. Lascio la signora Andreina allo studio dellāinglese che sta seguendo allāUniversitĆ della Terza etĆ , āanche se a volte dimentico qualcosa ĆØ molto interessanteā.
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