A trentacinque anni dal terribile disastro nucleare di Chernobyl riflessione da Rivoli

Chernobyl

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RIVOLI – “Il disastro di Chernobyl non è ancora un capitolo chiuso” così Laura Adduce vice sindaco di Rivoli. “Il 26 aprile del 1986 esplose il reattore numero 4 della centrale sovietica di Chernobyl, sprigionando nubi di polveri radioattive. Purtroppo, a 35 anni di distanza, le conseguenze di quella catastrofe, che causò morti e migliaia di decessi per tumori, restano. Le cause dell’incidente, che l’Urss tentò di insabbiare, sono da attribuire a una somma di incredibili errori umani. Il materiale radioattivo non è mai stato rimosso e le radiazioni, che continuano a disperdersi nell’ambiente, uccidono ancora oggi“.

IL DISASTRO

Chernobyl, trentacinque anni fa il terribile disastro nucleare. Era il 26 aprile 1986 quando alle ore 1 e 23 del mattino si verificò il più grave incidente mai verificatosi in una centrale nucleare. Presso la centrale nucleare V.I. Lenin, situata in Ucraina settentrionale, all’epoca parte dell’Unione Sovietica, a 3 km dalla città di Prypjat e 18 km da quella di Chernobyl, 16 km a sud del confine con la Bielorussia. Fu uno dei due incidenti al mondo classificati come catastrofici con il livello 7, massimo della scala INES, scala internazionale degli eventi nucleari e radiologici. L’altro fu quello avvenuto nella centrale di Fukushima nel marzo 2011.

LE CAUSE

Molteplici furono le cause del disastro nucleare di Chernobyl. Alla base problemi relativi alla struttura e alla progettazione dell’impianto, dovuti a una errata gestione economica e amministrativa. Le inchieste rilevarono gravi mancanze da parte del personale, sia tecnico sia dirigenziale. Il giorno dell’incidente avvenne un brusco e incontrollato aumento della potenza e quindi della temperatura del nocciolo del reattore n. 4 della centrale. Era in corso un test definito “di sicurezza” e il personale si rese responsabile della violazione di svariate norme di sicurezza e di buon senso. Di conseguenza si determinò la scissione dell’acqua di refrigerazione in idrogeno e ossigeno a così elevate pressioni da provocare la rottura delle tubazioni del sistema di raffreddamento del reattore. Il contatto dell’idrogeno e della grafite incandescente delle barre di controllo con l’aria, a sua volta, innescò una fortissima esplosione. Da qui l’incendio dovuto allo scoperchiamento del reattore.

LA NUBE RADIOATTIVA

Il 26 aprile di trentaquattro anni fa nel disastro nucleare di Chernobyl una nuvola di materiale radioattivo fuoriuscì dal reattore e ricadde su vaste aree intorno alla centrale. Le contaminò pesantemente, tanto da obbligare a una evacuazione del territorio circostante. 336.000 persone dovettero abbandonare i loro paesi, le loro case. Le nubi radioattive raggiunsero anche l’Europa orientale, arrivando fino all’Italia, alla Francia, alla Germania, alla Svizzera, all’Austria e ai Balcani. Addirittura toccarono la costa orientale dell’America del Nord. I rapporti redatti dopo l’incidente riferivano di 65 morti accertati. Inoltre vi furono più di 4000 casi di tumore della tiroide nei giovani che avevano fra 0 e 18 anni al tempo del disastro. Molti di questi sono da attribuire all’esposizione alle radiazioni. Molte furono le inchieste e i dati ufficiali sono stati più volte messi in discussione.

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