VALSUSA – Lāinvasione e lāoccupazione francese delle valli del Piemonte occidentale passarono sicuramente in secondo piano rispetto alle vicende connesse con la lotta controĀ lāoppressore tedesco: tuttavia, al momento dello svolgersi degli avvenimenti, posero gravi problemi agli insorti e preoccupazioni di non facile risoluzione ai comandi regionali e nazionale del CLN, nonchĆ© agli stessi comandi angloamericani. Il colpo di mano francese fu una conseguenza delle scelte politiche che il governo provvisorio della repubblica francese, insediatosi nel luglio 1944 ad Algeri sotto la direzione del generale Charles De Gaulle, intendeva prendere nei confronti dellāItalia, in risposta alla celebre āpugnalata nella schienaā inferta nel 1940.
Via i tedeschi in Valsusa arrivano i francesi
Lāintenzione del governo francese era quella di assumere una linea, se non proprio di vendetta, sostanzialmente dura. Raggiunta la pace lāItalia avrebbe dovuto essere privata di tutti quei mezzi che le avrebbero permesso di intraprendere una nuova azione offensiva per terra o per mare a danno della nazione sorella, mentre al contrario la Francia avrebbe dovuto essere in grado di intervenire militarmente nella parte nord occidentale della penisola per salvaguardare i propri interessi. A titolo di riparazione per lāingiusto attacco del 1940 la Francia avanzava pesanti rivendicazioni territoriali: la cessione delle valli alpine italiane abitate da popolazioni di madrelingua francese (Valle dāAosta) o franco-provenzale (Alta Valle della Dora Riparia, Val Pellice, Val Roya), la zona di Pinerolo, lāalta Val Varaita.
Il 24 marzo 1945, ad un mese dalla Liberazione, il Capo di Stato Maggiore italiano inviò allāammiraglio americano Stone un dettagliatissimo resoconto degli spostamenti delle truppe francesi sul confine delle Alpi, indicando come loro possibile obiettivo la stessa cittĆ di Torino. Furono allertate le formazioni della Resistenza: le disposizioni giunte dal CLN ribadivano la necessitĆ di liberare al più presto le zone di competenza dai tedeschi e di presidiarle, rendendo meno probabile una occupazione da parte di contingenti transalpini. Nella notte tra il 26 e il 27 aprile i tedeschi e i militari della RSI, incalzati dallāavanzata angloamericana e dalle sollevazioni dei partigiani, abbandonarono le posizioni fortificate a ridosso della frontiera, ritirandosi progressivamente verso il fondovalle.

Il 28 ebbe inizio lāoffensiva francese, secondo un piano accuratamente predisposto dal generale Doyen: “Deve essere ben chiaro ā scrisse Doyen nelle istruzioni segrete impartite ai comandi ā che i reparti che entrano in Italia devono presentarsi come amici venuti a liberare gli italiani dallāoccupazione tedesca ⦠Tuttavia i comandanti di settore dovranno tenere presente che gli ordini di avanzata ⦠sono imperativi e che se degli elementi, quali essi siano, volessero intralciare la loro esecuzione, qualsiasi resistenza fosse tentata dovrebbe essere infranta con la forza” (La campagne du DĆ©tachement dāArmĆ©e des Alpes, 1948, pag. 110 Ndr). Scomparsi i reparti italo-tedeschi, i primi soldati della sesta compagnia del 159° Regiment dāInfanterie Alpine (RIA) apparvero al Colle dāAmbin, a nord di Exilles, dove i partigiani della brigata G.L. Stellina avevano aperto un varco nel campo minato che impediva il transito. Invece di ringraziarli per la collaborazione prestata, le truppe francesi non trovarono di meglio che disarmare i partigiani.
Nella stessa mattinata del 28 aprile, sul vicino Colle del Moncenisio, la compagnia Chasseurs Alpins del capitano StĆ©phane, superati con difficoltĆ i campi minati e gli ostacoli anticarro piazzati dai tedeschi, ebbe la sgradita sorpresa di vedere il tricolore italiano sventolare sul pennone dellāOspizio del Moncenisio. Unāora prima del suo arrivo la bandiera era stata issata da alcuni partigiani della divisione Stellina del comandante Laghi, Giulio Bolaffi, che aveva occupato il Moncenisio prima dellāarrivo dei francesi (G. Bolaffi, Un partigiano ribelle. Dai diari di Aldo Laghi, comandante della āStellinaā 1944-45, 1995, pag. 184 Ndr).
A Claviere
Nel frattempo altri plotoni occupavano ClaviĆØre: il villaggio, duramente bombardato e distrutto durante gli scontri dellāinverno, appariva deserto. La statale che scendeva verso Cesana era interrotta allāaltezza del ponte in ferro della Tagliata, fatto saltare dai tedeschi in ritirata, e da tre grosse brecce lunghe più di trenta metri ciascuna. Ci vollero giorni per ripristinare il transito regolare degli automezzi. Lāatteggiamento dei primi militari francesi che arrivarono a Cesana fu oltremodo ostile: fu addirittura sfiorato lo scontro armato con la popolazione e iĀ partigiani incontrati, perchĆ© i francesi pretendevano di sostituire la bandiera italiana, giĆ comparsa su moltiĀ edifici, con una semplice bandiera bianca in segno di resa. Altre truppe scendevano dal Colle del FrĆ©jus e dal Col des Acles, convergendo nel centro di Bardonecchia, dove la folla, con tanto di comitato per dare il benvenuto, attendeva festosa: incuranti dellāaccoglienza dei locali, i soldati dāoltralpe si schierarono in perfetto assetto di guerra, occupando il paese e le fortificazioni circostanti.
Nei giorni seguenti le avanguardie francesi si spinsero fino a Rivoli e a Giaveno, incontrando tuttavia sempre maggiori difficoltĆ per la presenza capillare dei patrioti che avevano assunto il controllo delle zone liberate. In Valle di Susa e Val Chisone lāazione francese fu contrastata dal comandante partigianoĀ Maggiorino Marcellin di Sestriere, nominato dal CLN ispettore per le valli Pellice, Germanasca, Chisone e Susa, con il difficile compito di coordinare la ripresa dellāamministrazione libera e di mantenere i contatti con gli alleati e con le forze francesi.
Al Colle del Sestriere
I rapporti con gli occupanti si rivelarono subito difficili: “Dover trattare con degli alleati che ti trattano da nemico o quasi non ĆØ facile ā scrisse Marcellin – molte volte mi capitò di pensare che sarebbe stato meglio sparare, come ai tedeschi, anzichĆ© sorridere, pazientare, accettare ordini. Per fortuna passati i primi giorni le cose migliorarono, anche per lāintervento del comando americano, al quale mi ero rivolto…Il battaglione francese che entrò da ClaviĆØre era composto in parte da āmaquisā e in parte da legionari: uomini ed ufficiali erano decisi a far pagare a caro prezzo la pugnalata nella schiena, come dicevano loro, che lāItalia aveva inferto alla Francia nel 1940″ (M. Marcellin, Alpini, finchĆ© le gambe vi portano, 1966 Ndr).