CONDOVE – La produzione della calce in Valsusa ha due testimonianze in montagna sulla riva scoscesa della Valgravio di Condove. Si tratta di due fornaci sul sentiero tra Reno Superiore, quota 1213, e Volpi, quota 1113. La localitĆ prende il nome da Campo dell’Alpe e rappresenta un antico quanto difficile lavoro di produzione. Un esempio di manifattura artigianale verso la quale solo pochi esperti potevano dedicarsi. Si possono osservare ciĆ² che rimane di due forni per la produzione della calce utilizzata come malta per la saldatura delle pietre da costruzione e l’intonacatura degli edifici.Ā Diffusissime in tutta l’area dolomitica e prealpina in quanto la materia prima, la roccia calcarea, ĆØ sempre di ottima qualitĆ , il prodotto finale veniva a volte trasportato e commercializzato in luoghi lontani, ma principalmente serviva per le necessitĆ locali.Ā La qualitĆ del prodotto difatti era direttamente proporzionale alla qualitĆ della materia prima utilizzata, ai metodi di lavorazione e all’abilitĆ e all’esperienza del mastro fornaciaio.
LA PRIMA FORNACE
Per produrre la calce si raccoglievano sassi di roccia calcarea di non grandi dimensioni, per favorire la piĆ¹ facile lavorabilitĆ , e li si accatastava all’interno di una apposita struttura, la calchera per l’appunto, fatta a modo di botte, parzialmente scavata nel terreno e rivestita a secco di altro pietrame. Prima di accatastare i sassi, si provvedeva a riempire una camera di combustione proprio sotto la catasta di sassi, la porticina aveva lo scopo di permettere l’ingresso di aria ossigenata per la combustione oltre a permettere l’accensione del fuoco stesso e la continua alimentazione.
LA SECONDA FORNACE
Doveva essere un fuoco molto allegro, fatto bruciando tronchi di faggio o abete finemente tagliati, e doveva durare ininterrottamente e con costanza per circa otto giorni. La temperatura che si raggiungeva era tra gli 800 e 1000 gradi e l’operazione di mantenimento del fuoco era seguita da almeno quattro addetti e sorvegliata e diretta da una persona di grande esperienza, il fornaciaio. Per controllare lo stato di cottura si prendeva uno dei sassi e lo si buttava nell’acqua fredda e si verificava la tumultuosa reazione. Oppure si tentava di forare un sasso utilizzando un apposito punteruolo un ferro, se si riusciva a penetrarlo la calce era pronta. I sassi, ora trasformati in bianca calce detta appunto calce viva, sono altamente reagenti con l’acqua e potevano provocare ustioni gravi.
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