L’importanza delle donne al lavoro: le operaie della Magnadyn di Sant’Antonino

S.ANTONINO – L’importanza delle donne al lavoro, un esempio, le operaie della Magnadyn di Sant’Antonino. Il ruolo della donna in Italia e nel mondo ha subito un’enorme evoluzione che ha rappresentato un motivo di orgoglio per le stesse che negli anni hanno dato vita a molti cambiamenti in tutti i settori di attività e negli stili di vita. Se andiamo in Valsusa, in quel di Sant’Antonino, bisogna parlare della Magnadyne, e di quanto le donne fecero nello stabilimento. La storia della ditta ebbe inizio nel 1922 a Torino. Fu Paolo Dequarti, allora sedicenne, che iniziò ad occuparsi della costruzione di apparecchi radio in una piccola officina elettromeccanica. Dequarti, insieme a Mario Pesce, diede vita ad una società battezzata Magnadyne Radio di Pesce Mario S.A. L’attività era la costruzione di apparecchi radiofonici, accumulatori elettrici e apparecchi frigoriferi.

A TORINO

Negli anni Trenta, l’azienda cominciò a svilupparsi rapidamente. Tanto da riuscire a conquistare grosse quote nel mercato nazionale delle radio. Superando nelle vendite alcuni concorrenti del settore sia nazionali che esteri, data la qualità ed il prezzo dei modelli. Nel 1935 si arrivò ad occupare in fabbrica mille addetti, di cui la maggior parte donne. Dequarti acquistò l’intero pacchetto azionario di Clemente Diena e di Mario “per una cifra del valore di 12 milioni di lire“. L’anno successivo, a causa della Seconda Guerra Mondiale, fu costretto a sospendere l’attività industriale.

DURANTE LA GUERRA

Nel 1943 le attività dell’azienda vennero trasferite in un capannone a Sant’Antonino di Susa. Nel 1945 la produzione, seppur in misura limitata, poté essere ripresa con la realizzazione di componenti per radioricevitori. Poi nel 1953 venne fondata da Dequarti la società Visiola di Paolo Dequarti & C. con sede a Roma. La produzione si estese quindi dai televisori, alle radio, ai frigoriferi, alle lavatrici, alle valvole termoioniche, e dal 1961, ai transistor. Vendendo i prodotti coi marchi Magnadyne, Kennedy, Visiola, Damaiter, Eterphon, inclusi brand minori. Fino alla seconda metà degli anni ’60 attraversò un periodo florido. Sul finire del decennio, con l’aumento esponenziale della concorrenza estera, la società si ritrovò a dover fronteggiare una pesante crisi di mercato.

Magnadyn

LA CHIUSURA

Nel 1971, il Dequarti chiese l’amministrazione controllata e fu mantenuto solamente il marchio Magnadyne e la produzione navigò fra alti e bassi. In particolare, si registrò una sensibile contrazione nel comparto industriale, con la chiusura dello stabilimento di Torino e il trasferimento delle attività nel solo impianto di Sant’Antonino di Susa. Nel 1976, la fabbrica è direttamente inglobata nella GEPI, per la produzione, fra l’altro, di televisori a colori a marchi Magnadyne e RadioMarelli. Per buona parte degli anni Ottanta, le attività ebbero un discreto andamento commerciale, nonostante le ristrettezze tecnologiche a disposizione. Nel 1998, l’azienda cessa definitivamente le attività, licenziando i circa cento dipendenti rimasti nello stabilimento di Sant’Antonino di Susa. Con la fabbrica ecco la scomparsa dal mercato del marchio Magnadyne.

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