La storia dell’Abbazia di Novalesa: dal regime in commendam ai giorni nostri

Novalesa, l'Abbazia

NOVALESA – La storia dell’Abbazia di Novalesa: dal regime “in commendam” ai giorni nostri. La crisi del monachesimo porta l’Abbazia di Novalesa a cadere in un regime “in commendam” a metà XV secolo. Questo regime prevedeva l’affidamento temporaneo dei redditi di un ente ecclesiastico ad un commendatario. Poteva essere un religioso o un laico. Poi, dal 1479, a rivestire la carica di commendatario e gestire il complesso per quasi due secoli sono i Provana. Una delle più antiche e importanti famiglie feudali piemontesi. I loro discendenti possiedono tutt’oggi i castelli di Collegno e Villar Dora. All’inizio del XVII secolo con Antonio Provana viene dunque ripristinato l’antico titolo di “abate”. Nel 1646 ai benedettini si sostituirono i cistercensi. Vi rimangono fino al 1798. Infine tra il 1710 e il 1719 viene costruita l’attuale Chiesa Abbaziale. Ha sostituito la preesistente chiesa romanica dell’XI secolo. Il progetto è di Antonio Bertola.

L’OCCUPAZIONE NAPOLEONICA

Con l’occupazione napoleonica gli ordini religiosi vengono soppressi e i loro beni incamerati. L’imperatore nel 1802 affida però la gestione dell’Ospizio del Moncenisio all’abate Gabet e ai monaci cistercensi. L’obiettivo è fornire ai soldati in transito un luogo di accoglienza. All’ospizio sono assegnati i beni dell’Abbazia di Novalesa che non sono stati dispersi. Viene quindi costruita la nuova “Strada Napoleonica” che porta al valico. Novalesa non fa parte del tracciato e perde la sua importanza strategica.

LA STRADA REALE

Viene così sostituta la vecchia “Strada Reale”, che per secoli ha visto il passaggio di pellegrini, mercanti e illustri personaggi come Carlo Magno, Enrico IV e Pio VII. La nuova opera segna la fine dei vecchi alberghi e locande. Inizia il declino dei “Marrons”. Queste figure erano portatori e guide che accompagnavano i viaggiatori nei tratti più difficili. Caricavano le loro merci sui muli e battevano la pista in caso di neve. Le loro tariffe erano decise ad anni alterni dai sindaci di Novalesa e Lanslebourg.

IL BREVE RITORNO DEI MONACI E LE TRASFORMAZIONI DEL XIX SECOLO

Nel 1818 i tre monaci rimasti all’Ospizio del Moncenisio lasciano il valico e tornano a Novalesa. I religiosi vengono nuovamente espulsi nel 1855. Poi con le leggi Cavour-Rattazzi il complesso dell’Abbazia di Novalesa viene espropriato. Nel 1863 è alienato al dottor Angelo Maffoni che lo trasforma in uno stabilimento idroterapico. La Chiesa Abbaziale viene trasformata in un luogo di ristoro. Quindi fallita questa iniziativa, nel 1884 l’ex monastero diventa residenza estiva del Convitto Nazionale Umberto I di Torino. La ricca biblioteca viene dunque trasferita al seminario vescovile della Diocesi di Susa.

LA RINASCITA DELL’ABBAZIA

Questo lungo periodo di decadenza cessa nel 1972. Il complesso viene acquistato dalla Provincia di Torino che avvia i lavori di restauro. L’anno seguente tornano i monaci. Provengono dal Monastero di San Giorgio Maggiore a Venezia e fanno parte della Congregazione sublacense. La Chiesa Abbaziale viene riconsacrata nel 1995. Oggi il complesso dell’Abbazia di Novalesa è abitato da otto monaci specializzanti nel restauro dei libri. Dei codici dell’antica biblioteca ne rimane un solo esemplare. Una Regola di S. Benedetto risalente alla seconda metà dell’XI secolo. L’Abbazia di Novalesa è tornata ad essere un centro di cultura ed è visitabile. L’Ospizio del Moncenisio, che ha condiviso con la struttura molti momenti storici, non esiste più. Fortemente danneggiato durante la Seconda Guerra Mondiale, è stato demolito. La piana dove sorgeva, dalla fine degli anni ’60 è sotto le acque del lago artificiale del Moncenisio.

Testo di Andrea Carnino

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