GIAVENO – Tre mesi, novanta giorni, e da quanto stanno aspettando i Burca, la famiglia di Giaveno a ritornare a casa. Anni di “mal gestione” del centro provvisorio dei profughi a Brancard Monterossino, così denunciano i giavenesi che s’erano visti obbligati a lasciare casa, la loro, per andare in affitto in città. La notizia è nota, alcuni ricorderanno anche un Consiglio Comunale aperto, nel quale, il capo famiglia con toni educati e decisi aveva denunciato l’abbandono delle istituzioni comunali e l’impossibilità di convivere con i profughi lasciati senza regole e controllo in alloggi vicini al suo.
Da quel giorno qualcosa in verità s’era mosso. A prendersi in carico il problema è stata l’assessore Enza Calvo che per settimane ha rassicurato la famiglia che in pochi giorni, ed eravamo prima di Natale i profughi pakistani sarebbero stati spostati in un altro centro di accoglienza; dove non l’ha mai voluto rivelare. Dalle telefonate intercorse in questi mesi con la Calvo il leitmotiv è sempre stato lo stesso “pochi giorni e la cooperativa ha assicurato lo spostamento“, “a giorni termineranno i lavori nel nuovo centro e tutto si risolverà“, “ancora un pò di pazienza e la famiglia potrà tornare a casa”; un adagio lento, troppo, per la famiglia di Eusebiu Burca e Daniela Zediu e dei loro due piccoli.
“Ci limitiamo a controllare l’abitabilità dei luoghi scelti dalle cooperative”
Che la gestione dei profughi sul territorio non sia regolato dal Comune pare di capire sia la condizione vissuta in questi anni in città. La stessa Calvo, gentile e cortese, per più volte ha dichiarato: “Stiamo facendo il possibile per entrare nel sistema di assegnazione, per ora non abbiamo poteri e ci limitiamo a controllare l’abitabilità dei luoghi scelti dalle cooperative“. Rimane il fatto, e siamo ad aprile, che gestione di questa particolare situazione, nella quale è coinvolta una famiglia giavenese non è prossima alla risoluzione.