Condove, il sole accompagna il ricordo del parà Giuseppe Leccese

CONDOVE – Un sole pieno in questa giornata d’inverno ha accompagnato il Nucleo Paracadutisti di Susa, l’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci e le altre associazioni d’arma. Tra le altre gli Alpini, i Marinai, i Bersaglieri. Nel ricordo del parà Giuseppe Leccese. Per questa ricorrenza è stata dedicata la Santa Messa delle 10,30 officiata da monsignor Claudio Iovine. Un bel momento con il nucleo segusino Folgore “Sergente Maggiore Giuseppe Leccese” e le autorità civili: il consigliere comunale Piero Bruno, il consigliere metropolitano Paolo Ruzzola e l’onorevole Daniela Ruffino. Dopo la Messa la rappresentanza delle associazioni si è recata al Campo santo per deporre un piccolo omaggio floreale e portare un saluto a Leccese.

LA STORIA DI UN VALSUSINO IN AFRICA

Il parà della Folgore Giuseppe Leccese, ventenne di Condove, si trovava nel deserto in attesa dell’attacco inglese. Prima i bagliori, distati, poi ecco arrivare i primi terrificanti colpi dei 900 cannoni nemici. Loro, i migliori soldati d’Italia, addestrati al lancio con i paracadute. Appiedati e in attesa come topi in buche scavate nella terra. Leccese con altri 380 ragazzi, con un piccolo cannoncino anticarro e una mitragliatrice contro l’esercito anglosassone. Eccoli i carri, nel rumore assordante, nella polvere, nella penombra avvicinarsi. Era la sera del 23 ottobre 1942. Nel silenzio della luna piena. Quasi mille pezzi di artiglieria inglese spararono contemporaneamente per circa venti minuti. Alla fine del 24 l’offensiva aveva aperto profonde sacche nello schieramento italo-tedesco. Non era riuscita ad aprire una vera breccia. Nelle prime ore del 25, Montgomery ordinò un nuovo attacco prima dell’alba, ma dovette affrontare violenti contrattacchi, della Divisione Ariete. E Rommel? Non c’era. Alla fine di settembre era stato ricoverato in ospedale in Germania.

LECCESE TRA I POCHI

Tra i pochi sopravvisuti Leccese, ferito al capo, fece il viaggio di ritorno prima in autoambulanza, poi in areo fino a Palermo. Era incapace di parlare, moralmente scosso. Dopo un mese di convalescenza rieccolo paracadutista nella Divisione Nembo e nuovamente ferito dopo un lancio in Sardegna. L’8 settembre, con lo sbandamento dell’esercito italiano, scelse di proseguire il conflitto nelle file americane. Entrò nell’Office Strategic Service, lo spionaggio statunitense, e in borghese fu lanciato oltre le linee. Preparò sabotaggi, tenne i contatti con gli americani e organizzò i lanci di materiali ed armi.

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