Cesana Torinese: a 91 anni don Paolo Molteni va in pensione da San Sicario

cesana torinese chiesa

CESANA TORINESE – Durante la Messa del 2 gennaio la comunità di Cesana Torinese saluterà la pensione del parroco don Paolo Molteni. A 91 anni lascerà ufficialmente la parrocchia cittadina con la presenza del Vescovo di Torino e Susa Cesare Nosiglia, 78 anni. Alla cerimonia parteciperanno i fedeli e l’amministrazione comunale con il sindaco. Sulla vita don Paolo spiega Giuseppe Ghiberti un episodio. “Un giorno don Paolo ha ricevuto dal suo vescovo l’incarico (allora si diceva “l’ubbidienza”) di andare a prendersi cura di alcune piccole comunità che vivevano in Alta Val di Susa, in una delle valli che si dipartono da Cesana. Veniva a succedere ad alcuni parroci che avevano trascorso decine di anni in quei paesi, ma ora la scarsità di preti obbligava a concentrare gli incarichi. D’altra parte anche la popolazione residenziale non è in crescita; c’è però un nucleo sempre più consistente di residenti estivi che sfrutta in quei mesi il servizio religioso e la presenza del prete. In questa situazione il prete che cosa può fare?“.

UN VALSUSINO

“Don Paolo Molteni è figlio della sua terra valsusina, ma ha percorso un lungo cammino, perché la sua preparazione l’ha attinta in luoghi prestigiosi, italiani (a cominciare dal suo seminario, piccolo ma glorioso anch’esso) ed esteri, e ha avuto come maestro – a Bonn, in Germania – quel professore Joseph Ratzinger che sarebbe diventato il nostro amato Papa Emerito Benedetto XVI. La sua preparazione teologica l’ha messa a disposizione di molti studenti, negli anni in cui la rinata facoltà teologica di Torino ebbe sede in Rivoli, all’imboccatura della Val di Susa (e lì ho ricevuto il dono della sua amicizia). Ritornare a tempo pienissimo nel ministero pastorale, con incarichi a centro diocesi e soprattutto nelle parrocchie, non gli è stato duro e tutti l’hanno sentito, senza limiti, amico fraterno.

DON PAOLO

“Don Paolo è la discrezione in persona. Vuole che il suo annuncio sia rispettoso e non invasivo e ha pensato di usare, accanto ai mezzi tradizionali dell’annuncio, nella liturgia e nel bollettino, la formula dei “daze” (che è un’abbreviazione scherzosa e differenziante del “dazebao”, di qualche decennio fa). Ora, mentre la loro stagione sembra chiusa, sarebbe un vero guaio lasciarli cadere nel dimenticatoio, perché sono inviti alla vita, e hanno ancora molto da insegnarci. Ricordi che diventano presenza, come ci accade di renderci conto man mano che procede la lettura. Hanno uno stile essenziale, centrato su un messaggio fondamentale, accompagnato da brevi indicazioni di iniziative parrocchiali. I contenuti dell’annuncio di questi daze sono una scommessa e anche un po’ una provocazione”.

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