UNA MOSTRA A RUBIANA
RUBIANA – Inaugurazione sabato 7 settembre ore 16.30 alla Pinacoteca comunale a Rubiana la mostra prosegue a Casa Tabusso Borgata Gai. Dall’8 al 29 settembre si svolgerà a Rubiana in Valle di Susa, l’XI edizione di “Fiabe e boschi. Biennale Francesco Tabusso” la rassegna d’arte promossa dal Comune di Rubiana e dall’Archivio Francesco Tabusso che vede protagonisti in una doppia esposizione Francesco Tabusso e Giacomo Soffiantino nella rinnovata Pinacoteca comunale e nella casa dell’artista. La mostra si intitola «Francesco Tabusso. La trasgressione come regola, con l’amico Giacomo Soffiantino» è curata da Gianfranco Schialvino e accompagnata dal catalogo Prinp Editoria d’arte. Grazie alla preziosa collaborazione dell’Archivio Soffiantino, si riparte idealmente dalla prima edizione di “Fiabe e boschi” del 2007 quando la collezione comunale prendeva vita dal desiderio di Francesco Tabusso di portare a Rubiana un messaggio di riconoscenza per la cittadinanza onoraria ricevuta e un segno della sua esperienza di artista. Soffiantino fu infatti tra i primi artisti ad aderire donando nel 2007 un suo dipinto – Fantasie nel bosco – per la nascente collezione. Le mostre guidano il visitatore nella lettura dell’opera dei due artisti: la Pinacoteca ospita una selezione di paesaggi di Tabusso a confronto con il grande trittico Le radici dell’oggi di Soffiantino; nella casa di famiglia, invece, sono esposti disegni, acquerelli, litografie, acqueforti, chine in una selezione di opere rappresentative di quattro decenni.
LA MOSTRA
Racconta Gianfranco Schialvino nel suo testo «La trasgressione per un artista è regola per necessità, l’invenzione si sostituisce alla copia, l’idea scavalca il déjà-vu, la scintilla crea l’esplosione. La trasgressione è in Soffiantino e in Tabusso, allo stesso modo e con la stessa intensità, e cercarla, trovarla e studiarla in una differenza così sostanziale di tecnica compositiva e di stile ce li fa conoscere e poi guardare con diversa sorpresa e ammirazione, rendendoceli infine vicini ancorché paralleli, ambedue alla ricerca di un linguaggio che da personale diventa unico, e poi universale. Tabusso trasgredisce in maniera istintiva. Ce ne accorgiamo subito: la pennellata densa e appiccicosa che va a sbattere sulla tela denota l’impeto del proclama, il colore che cerca il contrasto definisce il tono squillante del concetto da sviluppare, le sovrapposizioni di materia servono a ribadire l’idea, l’effetto finale è sempre a macchia, ben chiaro e delimitato, in una visione che è sintesi di elementi aggregati in capitoli come i vetri parlanti di una cattedrale Gotica. Soffiantino distrugge i canoni della pittura lavorandola dal di dentro: la sua pennellata non macchia, ma scrive. Scrive con segni che via via nel tempo diventano sempre più minuti, che trovano la loro forza in uno sforzo comune, in una tempesta di granelli di sabbia che stravolgono un paesaggio di dune, di formicole invisibili che divorano un prato, di spighe che sotto il vento riescono a mutare i colori di un campo di grano mille volte in un attimo.»
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