Antonella Bonini, funzionario archeologo dei Beni Archeologici di Pompei, è in visita a Susa per “Abemus in cena”

SUSA –  Per una serata Susa mi è sembrato un luogo diverso: sarà stata la Luna, sarà stato il calar della sera, o saranno stati i preziosi dialoghi di argomento storico che hanno animato una passeggiata nel centro storico diversa dal solito: in compagnia del prof. Germano Bellicardi, di Marco Berardinelli e dell’archeologa Antonella Bonini, ho riscoperto e approfondito curiosità della mia città che fino a ieri sera ignoravo.

Approfittando della breve permanenza dell’archeologa, giunta a Susa per la settima edizione di Abemus in cena, ho colto l’occasione per improvvisare una breve intervista.

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Marco Berardinelli, Antonella Bonini e Germano Bellicardi

Marco Berardinelli, Antonella Bonini e Germano Bellicardi

Buongiorno dottoressa Bonini, lieta di poterla intervistare. Lei è il funzionario archeologo della Soprintendenza dei Beni Archeologici di Napoli e di Pompei. Esattamente, in cosa consiste il suo lavoro?

“Ci occupiamo principalmente di tutelare il patrimonio legato ai siti archeologici e di valorizzarne il territorio, accordandoci con realtà locali per promuovere un turismo non legato solamente a Pompei, ma anche a tutta la costiera napoletana. E’ importante stabilire una rete solida tra Pompei e gli altri scavi.

Tuttavia non è un’impresa così facile. Come lei sa, a Torre Annunziata ci sono legami con stili di vita malavitosi e ciò non rende semplice la costruzione della rete. Un altro punto dolente su cui bisogna lavorare è il messaggio che deve arrivare ai turisti: visitare i siti non deve essere soltanto una tappa “mordi e fuggi”, una visitarella occasionale.

Visitare è una filosofia, e come tale va coltivata. E’ una ricerca continua, che non può durare una giornata e non può esser fatta superficialmente. Bisogna istruire le persone alla filosofia del voler conoscere per passione e curiosità, e non per il semplice viaggio turistico. Questo è il significato dello studio della storia, e questa è la giusta chiave per aprire le porte di una tutela culturale efficace.”

Il turismo è prevalentemente nazionale o internazionale? 

“Pompei, insieme a Firenze, Roma e Venezia, è tra le quattro città italiane più gettonate dal turismo estero. La maggior parte dei visitatori sono stranieri: d’altronde il sito archeologico di Pompei è conosciuto in tutto il mondo, poiché ha una storia che si ricollega perfettamente al resto dell’Europa. Lo stesso Goethe decantò della meraviglia degli scavi di Pompei e dell’intero Golfo di Napoli e, come lui, anche suo figlio.

La mostra “Pompei e l’Europa. 1748-1943”, inaugurata nel 2015, ha raggiunto un numero di visitatori esorbitante. Senza dubbio è servita a far conoscere maggiormente la storia di Pompei, ma dobbiamo ammettere anche un lato negativo: spesso Pompei oscura il resto del territorio. Abbiamo siti archeologici bellissimi, come Ercolano, scoperto addirittura prima di Pompei. Poi ci sono Stabia, Torre Annunziata, che sono uno più bello dell’altro. Mi fa sorridere che noi italiani migriamo fino in Grecia per ricercare cultura e storia antica, quando in realtà i templi più belli li abbiamo a Paestum. Bisognerebbe riuscire a valorizzare maggiormente la rete archeologica del nostro territorio.” 

Come rispondono gli stranieri di fronte a un patrimonio artistico e culturale così importante?

“I turisti più interessati sono i singoli o le famiglie; spesso i grandi gruppi tendono ad avere meno rispetto e meno curiosità. Il nostro obiettivo è quello di creare consapevolezza, di far venire gente che davvero abbia voglia di scoprire, di ammirare e di rispettare il nostro patrimonio.”

E’ qui per la conferenza “Cenerai bene presso di me”, tenuta dalla sua collega Adele Lagi.

“Sì esatto. Il titolo della conferenza si rifà al carme XIII di Catullo, un importante invito a cena scritto dal poeta latino per il suo amico Fabullo. Il titolo cita testualmente l’incipit del carme “Cenabis bene, mi Fabulle, apud me”. La cucina, d’altra parte, è cultura: lo studio culinario di un popolo mette in risalto le tradizioni, gli alimenti del periodo, gli usi e i costumi, i mutamenti che nel corso del tempo queste pietanze e questi popoli hanno subito: dalle invasioni straniere, alle migrazioni, ai comuni cambiamenti di stile di vita. E’ affascinante provare a riproporre i piatti più celebri, modernizzandoli e adattandoli al gusto attuale. Talvolta bisogna addirittura sostituire ingredienti o rivisitare delle ricette perché molti prodotti non sono più reperibili.”

Studiando la storia Susa è una città romana che spesso viene citata nei libri. Cosa l’ha colpita di più, vedendola dal vero?

“Ho sentito più e più volte parlare dell’Arco di Augusto, sia da un punto di vista architettonico, sia da un punto di vista storico. L’Arco di Susa è famoso per il suo fregioche rappresenta sacrifici animali compiuti da Cozio in onore dei Dioscuri. Inoltre l’Arco è importante politicamente e storicamente poiché ha sancito l’alleanza tra Cozio, re di Segusium, e l’imperatore romano Ottaviano Augusto. Curiosa è la sua posizione, posta fuori dalle mura. Il professor Bellicardi ci ha fatto notare come dall’Arco si possa vedere perfettamente incorniciato il Rocciamelone.”

antonella bonini