All’Istituto Ferrari di Susa i genitori di Michele Ruffino: “Perchè il bullismo non uccida più”

SUSA – Quando dall’estremo dolore, dal lutto, dal fondo del tunnel si vede uno spiraglio di luce può nascere una piccola speranza. Nell’auditorium dell’Istituto Superiore Ferrari di Susa queste emozioni si sono mescolate lasciando un segno profondo negli studenti che hanno ascoltato dalla viva voce dei protagonisti una brutta storia di bullismo giovanile finito in tragedia. I genitori di Michele Ruffino, un giovane di Rivoli, che ha deciso di mettere fine alle sue sofferenze giovanili gettandosi dal ponte di Alpignano. Con lui nel baratro, da allora, sono caduti anche i genitori e gli amici che hanno compreso e perdonato quanti hanno “bullizzato” il loro Michele ed hanno deciso di portare ai giovani un segno d’insegnamento, un seme di speranza che deve crescere.

LE TESTIMONIANZE

Due video, le testimonianze, l’incontro. Ai ragazzi del Ferrari di Susa è arrivata una sferzata, un momento di riflessione e di maturazione. In sala la mamma e il papà di Michele Ruffino, morto a 17 anni: non cercano vendetta, solo giustizia; per dare alle parole peso e un responsabilità ad una morte così atroce segno dei nostri tempi. “Perché non si ripeta” dice la mamma, quattro parole che pesano come un macigno e che sono, forse, il testamento di Michele. Con il termine bullismo s’intende definire un comportamento aggressivo ripetitivo nei confronti di chi non è in grado di difendersi. Solitamente, i ruoli del bullismo sono ben definiti: da una parte c’è il bullo, colui che attua dei comportamenti violenti fisicamente e/o psicologicamente e dall’altra parte la vittima, colui che invece subisce tali atteggiamenti. La sofferenza psicologica e l’esclusione sociale sono sperimentate di sovente da bambini che, senza sceglierlo, si ritrovano a vestire il ruolo della vittima subendo ripetute umiliazioni da coloro che invece ricoprono il ruolo di bullo.

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